Archive for novembre 2014

La ex cementifera….all’estero!

un esempio di riconversione di una ex cementifera...all'estero

un esempio di riconversione di una ex cementifera…all’estero

Un esempio di ciò che si fa all’estero con gli edifici industriali dismessi. Qui di seguito il caso emblematico di una ex cementifera riconvertita, segnalatoci dalla prof.ssa Arch. Eleonora Burlando della Scuola Politecnica dell’Università degli Studi di Genova:

http://www.yatzer.com/A-former-Cement-Factory-is-now-the-workspace-and-residence-of-Ricardo-Bofill

Buona lettura!

La favola di ogni autunno

C’era una volta una valle e nella valle un torrente dispettoso

Il torrente aveva il vizio, ogni tanto, di uscire dal suo greto e andarsene un po’ a spasso per quelle  zone a far danno con tanto scalpore.

Alla presenza di quell’acqua, Celti e antichi popoli posero li, case,  ponti e le nuove strade, ma con l’intelligenza di guardare a quelle cose, all’acqua non fu mai dato impedimento.

 F1

Da quei giorni passarono lustri,
nuove fabbriche e grand’ industrie
e poi anche ferrovie
 
Con la strada assai allargata,
non più vigne e non più orti,
ma immondezza e poi il carbone
 
Esaminata la questione,
la presenza di quel Rio,
fu proposto e ben attuato,
lo sparir della collina
per innalzar, più in alto ancora,
il manier di quel padrone.
 
Il castello ora sorge
su quel lotto artificiale
che sovrasta case e strade.
 
Al sicuro se ne sta
a ogni piena sta guardare
quanti invece a valle stanno
più o meno per annegare.
 
Il torrente dispettoso
rafforzò il suo vigore
non più in duecento,
ma in tre anni,
la sua piena si misura!
 
Ma se a monte l’acqua non più sfoga,
oltre e a valle or’si trova!
 
Non più il danno in parti uguali
Ma a spalare tutto quel fango
solo i poveri villani.

F2

Ogni riferimento a cose e a luoghi è casuale, se qualcuno riconosce analogie significa che questa favola, come quasi tutte le favole, ha un fondo di verità, non sta a noi stabilirlo

La morale della favola la scrisse qualcuno qualche tempo fa: “resta fermo il principio generale, sotteso alla pianificazione di bacino relativamente alle tematiche del rischio idrogeologico, in base al quale qualsiasi intervento, pur se non incluso tra quelli esplicitamente vietati, non deve aumentare la pericolosità di inondazione o di frana ed il rischio connesso, sia localmente, sia a monte e a valle, e non deve pregiudicare la realizzabilità degli interventi di sistemazione e di mitigazione del rischio previsti dal Piano; riguardo alla pericolosità idraulica, non deve inoltre costituire significativo ostacolo al deflusso delle acque di piena o ridurre significativamente la capacità di invaso delle aree stesse.

Bene Comune e fragilità del territorio. Parte il cammino di avvicinamento al convegno dell’11 gennaio al Ducale

La Associazione Amici di Ponte Carrega insieme al gruppo di lavoro sul dissesto idrogeologico è lieta di presentare ai cittadini il calendario dei pre eventi che precedono il convegno “Bene Comune e fragilità del territorio“. Incomincia domattina alle 9:00  il cammino della rete di associazioni e comitati impegnate nel tema della lotta al dissesto idrogeologico e della divulgazione della cultura del rischio in vista dell’evento che l’11 gennaio prossimo sarà ospitato nella Sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale. Questi sette appuntamenti hanno un duplice obiettivo: completare il quadro delle tematiche che affronteremo a gennaio e affrontare il tema della lotta al dissesto idrogeologico attraverso un ampio ventaglio di contributi che rendono più completa l’analisi di un problema complesso. Via via saranno affrontati il tema degli scolmatori e del restringimento degli argini (22 novembre, 3 dicembre e 19 dicembre), il tema del consumo di suolo (28 novembre), del cambiamento climatico e analisi meteo riguardanti le ultime alluvioni nella nostra regione (9 dicembre) e infine il tema della agricoltura periurbana (9 gennaio).

Non ci resta che augurarvi un buon cammino insieme a noi sperando di incontrarvi lungo la strada in queste sette tappe di avvicinamento al convegno di Palazzo Ducale!

 

il programma del pre convegno

il programma del pre convegno



 

Fango e cemento il nostro testamento – manifestazione del 20-11-2014

Dopo gli allagamenti provocati dal Rio Torre e dal Rio Mermi il 9 ottobre scorso, il rischio idrogeologico di queste zone è aumentato nella sua componente “geologica” con frane, cedimenti, e manufatti fatiscenti lasciati a marcire in mezzo ai torrenti. Tutto questo è avvenuto con il 60% di pioggia in meno rispetto al 4  novembre 2011, cosa succederebbe in caso di evento critico paragonabile a quello?

Questi dissesti ora gravitano minacciosi dietro l’edificio per il Bricoman e rischiando di riversarsi a valle compromettendo l’efficacia dei nuovi argini che ci dovrebbero mettere in “sicurezza”

La protezione civile impone un continuo stato di allerta che ci obbliga a lasciare continuamente le nostre case ogni volta che piove, evidentemente le nuove opere non sono efficaci e il rischio rimane, altro che messa in sicurezza!.

L’esasperazione dei cittadini oggi è esplosa. Ci dispiace per il disagio di coloro che dovevano attraversare queste aree, ma se si continua in questa direzione, non rimarrà altra via:  il disagio non sarà solo il nostro perché continueremo a manifestare!

Ora occorre cambiare rotta

 

 ADESSO BASTA PROMESSE MALTEMPO O MALGOVERNO

 


Fonte: http://www.ilsecoloxix.it/p/multimedia/genova/2014/11/20/ARL3ZEdC-adriatico_carrega_protesta.shtml

Fonte: http://www.7gold.tv/

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-b9fa9f18-7148-4ba0-99c7-9959aace8573-tgr.html#p=0


Articolo de Il Secolo XIX: http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2014/11/20/ARfj1AdC-allerta_protestano_adriatico.shtml

Articolo de La Repubblica: http://genova.repubblica.it/cronaca/2014/11/21/news/piazzale_adriatico_la_roulette_della_sicurezza-101093480/

Articolo sempre de La Repubblica: http://genova.repubblica.it/cronaca/2014/11/19/news/piazzale_adriatico_meno_pioggia_e_stessa_paura_un_corteo_per_chiedere_pi_sicurezza_e_controlli-100908371/

Video da Genova24: http://webtv.genova24.it/2014/11/20/lunico-allerta-cittadini-valbisagno-in-piazza/

Video da Primocanale: http://www.primocanale.it/video/alluvione-i-residenti-di-piazzale-adriatico-chiedono-interventi-66130.html

Video da Primocanale con intervento Coopsette: http://www.primocanale.it/video/coopsette-sul-rio-mermi-importanti-interventi-di-messa-in-sicurezza–66132.html

Oggi manifestiamo per la nostra sicurezza dopo l’ennesima alluvione!

Oggi pomeriggio dalle ore 16:30, come stabilito dall’assemblea condivisa di quartiere, ci vediamo in Piazza Adriatico per rivendicare il diritto di questa valle e dei suoi cittadini a vivere in SICUREZZA in un luogo che non vogliamo che sia più PERIFERIA. Oggi manifestiamo per una esigenza vitale, di interesse generale di tutta la città: LOTTA AL DISSESTO IDROGEOLOGICO significa dire STOP al degrado del territorio, dire STOP alle decisioni imposte dall’alto che non guardano alle esigenze del cittadino, dire STOP a un consumo di suolo sconsiderato, dire STOP a decenni di scelte scellerate sul nostro territorio e sulla nostra pelle.
Potremmo arrecare disturbo ad altri cittadini con la nostra marcia: non odiateci, lo facciamo per tutti, per la incolumità e la sicurezza, per la DIGNITA’ di questa valle e di questa città

PER NON MORIRE SOTTERRATI DA FANGO E CEMENTO.
Ci vediamo in Piazza!1503232_10203112555313999_4267075007460663563_n

Edificio per il Bricoman – Ponte Carrega – Trasmissione La7 “L’aria che tira”

Ancora un servizio a livello nazionale sull’enorme edificio di Coopsette costruito anche per conto di Bricoman Italia a Ponte Carrega. L’edificio a 10m dal Rio Mermi è citato come pessimo esempio di urbanistica e gestione del territorio. 

Ancora una volta l’enorme edificio, sorto sulle ceneri di un vecchio edificio industriale da 15.000m che viene sostituito dalla nuova costruzione da 49.000m (3 volte il costruito), circondato da quartieri e strade di accessoallagabili, suscita l’attenzione dei media nazionali. 

Briocoman

Intanto su Libero Quotidiano di martedì 18 novembre 2014, a pagina 7, un articolo su una delibera della Regione Liguria del 16 novembre per il trasferimento urgente di quattro dirigenti fra cui Nicoletta Faraldi, ex titolare dell’ufficio Via (Valutazione impatto ambientale).

Ricopriva quell’incarico da pochi mesi e guarda caso è stata spostata 16 giorni dopo aver respinto, il 21 ottobre scorso, una pratica che sta particolarmente a cuore all’amministrazione perché a proporla era una società della galassia Coop.

La Faraldi ha bocciato il progetto della Coop per il rischio inondazione di quell’area in riva al Bisagno… un caso?

 Leggi la Fonte  

Oggi 19.11.2014 – Su Corriere della Sera: Nicolettoa Faraldi: ‘Ho detto no al cemento sul Bisagno Mi hanno spostata all’ufficio animali’. Vai al Link

Oggi su Primocanale – Ferma il cemento sul Bisagno ma la Regione la trasferisce, la Uil: “Non è l’unico caso” Vai al Link

Frane a Ponte Carrega sul Rio Mermi, condoni o politica spregiudicata del territorio?

Condoni o politica spregiudicata del territorio?

Il nuovo edificio a Ponte Carrega (più conosciuto come edificio per il “Bricoman”) è stato regolarmente concesso in deroga al piano di bacino grazie al principio dell’invarianza idraulica per cui è possibile costruire a dieci metri da un torrente con opportune opere idrauliche. Nessun condono quindi ma una precisa volontà politica di aumentare il valore esposto di zone ad alto rischio idrogeologico. Lo si è fatto in nome di una economia spregiudicata che sacrifica l’ambiente, il paesaggio, il territorio e il futuro delle prossime generazioni che si troveranno difronte a un territorio marcio e cementificato da bonificare.

Contronto

In questo luogo è stato concesso di edificare tre volte il costruito (passando da 15.000 mq a 49.000) - il titolo edilizio è stato concesso il 30.07.2012 senza ripensamenti da parte dell’attuale giunta , circa otto mesi dopo l’alluvione del 4 novembre 2011.

infoCantiere

La stessa amministrazione, un mese dopo la concessione del titolo, emette un ordinanza di sgombro in caso di eventi di allerta 1 e 2 per i piani terra delle abitazioni poste immediatamente a valle del cantiere. Questa limitazione d’uso è ancora oggi in vigore 

infoOrdinanza

A denunciare tutto questo siamo stati presi per dei folli. Il Vicesindaco Stefano Bernini aveva anche affermato “..sa benissimo il costruttore che non potrà usare quel manufatto se non avrà fatto i lavori dal punto di vista idrogeologico….”  Ma di che lavori sta parlando il Vice Sindaco? I lavori che si stanno concludendo sono sole opere idrauliche e nulla si è fatto sulla parte “geologica” del rischio. Nulla è stato fatto per la sistemazioni dei versanti e le nuove opere idrauliche saranno presto compromesse da ciò che i versanti sono in grado di riversare sul torrente.  Già oggi, a opere idrauliche non ancora completate, si notano già grandi massi precipitati sul greto del torrente appena ripulito, da ieri c’è anche una frana e monte di tutto ciò hanno lasciato persino una diga fatiscente del vecchio stabilimento cementificio.

2014-10-18 11.49.10

Chi fermerà le innumerevoli frane in formazione sul vicino versante che rischiano di riversarsi sul torrente con enormi quantità di materiale? La sezione calcolata per garantire la così detta “sicurezza” presto si ridurrà vanificando i lavori eseguiti e se non si adopererà una manutenzione periodica di pulizia il rischio idrogeologico sarà più alto di primaIl valore esposto di queste zone presto aumenterà perché in questo luogo saranno attratte  migliaia di automobili e persone. Per raggiungere il centro commerciale non esistono strade di accesso che non siano in zone allagabili ad alto rischio. Sappiamo che per l’effetto del cambiamento climatico aumenterà la frequenza di fenomeni di pioggia in grado di trasformare qualsiasi strada in un fiume. Ormai è esperienza di tutti che non basta regimare i fiumi per rendere il rischio idrogeologico accettabile.

Sulla bontà delle nuove opere idrauliche svolte sul Rio Mermi vigileremo ancora perché con valori di pioggia molto inferiori rispetto il 2011, lo scorso 9 ottobre, si sono verificati ancora gravi episodi di esondazione in corrispondenza del ponte stradale poco prima della confluenza con il Bisagno. Vogliamo capire se questo è stato causato da una dinamica diversa di comportamento del torrente dopo la costruzione dell’enorme centro commerciale. Sappiamo che durante i lavori di sbancamento della collina sono stati intercettati e canalizzati diversi rivi di cui forse non si conosceva nemmeno la presenza e che abbiamo anche documentato con fotografie e video.

 

 

Il fenomeno del ruscellamento e dell’innalzamento del tirante idraulico ha portato conseguenze peggiorative all’imbocco del ponte stradale? Sono fantasiose ipotesi degli Amici di Ponte Carrega, ma a queste domande qualcuno prima o poi dovrà rispondere.

Mermi

Non parliamo di scolmatori se non saremo in grado di garantirgli un buon funzionamento con la manutenzione dei versanti.

(In fondo articolo Corriere Mercantile del 16.11.2014)

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Quanto costa lo scolmatore del Bisagno?

Sul sito di Technital, la società che ha progettato in associazione con gli studi idraulici Galli, Maione e Sogreah, lo scolmatore della Sciorba approvato nel 2008, è riportato il prezzo, aggiornato, della realizzazione dello scolmatore del Bisagno, che capterebbe le acque del Bisagno dalla Sciorba e che capterebbe anche i rii Fereggiano, Rovare e Noce. Il costo dell’opera si aggirerebbe intorno ai 153M€ e non 250M€ come sostenuto da molti.

SB

Il costo complessivo di 250M€ è riferito al costo suggerito dopo il passaggio al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici con l’aggiunta di  altre opere indispensabili da svolgere sui versanti della vallata e non solo. Provincia:  PROVINCIA: PRIMO SI ALLO SCOLMATORE DEL BISAGNO DAL CONSIGLIO DEI LAVORI PUBBLICI

L’attuale amministrazione ha proposto e sostiene un progetto in variante rispetto a quello presentato nel 2007, tale progetto prevede la realizzazione di due gallerie: una dal diametro di 5,2m (chiamato primo lotto) prolungamento dei 900m dell’esistente galleria mai terminata nel 92, che sarà dedicata solo al Fereggiano, Rovere, Noce, e un’ altra galleria dal diametro 8,8m (secondo lotto) con esecuzione non ancora programmata, dedicata esclusivamente al solo Bisagno.

Il progetto iniziale del 2007 prevedeva che tutti i torrenti fossero intercettati e convogliati verso la nuova galleria da 9,5m di diametro. La vecchia galleria da 5,2m ferma a 900m, nel progetto avrebbe perso le sue funzioni idrauliche per diventare solo una galleria di servizio.

Se dunque il costo del grande scolmatore del Bisagno è quello indicato dalla società di progettazione, bisognerebbe valutare bene l’opportunità di spenderne 60M€ per il solo scolmatore del Fereggiano, Rovare e Noce, a maggior ragione dopo le criticità evidenziate dal parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (http://www.amicidipontecarrega.it/?p=3219).

Nel parere si evidenzia come lo scolmatore del Fereggiano risulti essere uno scolmatore a sé rispetto allo scolmatore del Bisagno e non influisce sulla piena del Bisagno stesso. Questa nota deriva da un principio di idraulica per il quale le piene di tutti gli affluenti di un fiume non sono mai contemporanee e le portate di piena complessive non sono la somma delle singole piene degli affluenti. Dicendo questo, perde efficacia e senso uno degli argomenti che ci vengono spesso ripetuti in questi giorni e cioè che se “togliamo acqua al Fereggiano” il Bisagno non esonderebbe. 

La portata di piena è proporzionale alla superficie drenata del bacino di riferimento.

La realizzazione del primo lotto costerà circa il 34% del costo complessivo del grande scolmatore, ma funzionerà solo su un bacino di riferimento di soli 4 kmq di superficie drenata. Solo nel restante lotto verranno risolti i problemi del Bisagno per un bacino molto più importante di 93 kmq di superficie drenata.

Quindi al termine dei lavori del primo lotto, intorno al 2020, nonostante la spesa di 60M€ non saranno risolti i problemi dell’esondazione del Bisagno.

Inoltre la variante proposta prevede una riduzione del diametro della seconda galleria, quella prevista nel secondo lotto, da 9,5a 8,8m di diametro. Questo scelta è una contraddizione, perché continuare la galleria esistente dal diametro di 5,2m per 3,5 km quando per risolvere il problema si dovrà comunque prevedere una nuova galleria dal diametro di 8,8m? Tanto vale fare da subito una nuova galleria dal diametro di 9,5m come inizialmente previsto nel progetto del 2007, considerato che la riduzione del diametro va comunque a influire sulla possibilità di scolmare meglio anche il Bisagno.

La variante quindi è motivata esclusivamente per ragioni di mancanza di fondi. Al posto di reperirli, chiedendo con forza aiuto al governo centrale come autentica emergenza, si propina una sorta di “tappullo”, una via di mezzo che, se terminata nei due lotti funzionali, sarà comunque meno efficiente  di quella inizialmente prevista nel 2007.

L’opera idraulica, in una situazione così compromessa, è quindi una opera su cui investire ma bisogna valutarla molto bene, con l’aiuto dei tecnici e dei cittadini che propongono soluzioni, anche attraverso la destinazione di una delle tasse di scopo che già paghiamo verso il problema del dissesto (proposta del prof. Rosso), o attraverso un referendum (proposta da Wwf e Italia Nostra).

Le soluzioni alternative prese in considerazione da sole non sarebbero comunque sufficienti: la laminazione e le briglie, pur presenti nel Piano di Bacino e che andrebbero realizzate, non sarebbero, numeri alla mano, sufficienti per trattenere la quantità in eccesso di acqua e fango. Italia Nostra calcola che servirebbero almeno 6milioni di metri quadrati di aree libere da costruzioni e permeabili lungo il percorso del Bisagno: al massimo si potrebbe arrivare a un solo milione di metri quadrati, con costi molto alti dovuti a demolizione e delocalizzazione di edifici e quartieri.

Dobbiamo anche essere consapevoli che l’opera idraulica non potrà risolvere da sola la situazione dato che rimarrebbe comunque ugualmente compromessa la situazione critica degli affluenti del Bisagno (Veilino, Geirato, Mermi etc.) e dei versanti, su cui bisogna necessariamente investire per evitare la fine della nostra città. Non inventiamo nulla di nuovo: è tutto scritto sul Piano di Bacino e sui pareri del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. La nostra situazione è molto grave, paragonabile a quella di coloro che vivono nei pressi del Vesuvio. Viviamo in una situazione compromessa da decenni di scelte e politiche che oggi si rivelano non oculate e azzardate, sicuramente superate. La crisi economica acuisce questo stato di gravità e ci fa dire che è necessaria soprattutto l’azione dei cittadini per evitare, letteralmente, la fine di Genova, metamorfosi della fine della nostra economia e della nostra classe dirigenziale rimasta ferma ad un mondo ormai sorpassato.

Si ringrazia Alessandro Ravera per la segnalazione del sito di Technital e la sezione genovese di Italia Nostra

Primocanale a Ponte Carrega, il programma Intorno a Noi racconta di alluvioni e crisi della politica con gli Amici di Ponte Carrega

Spalla Guarda lo streaming da PrimocanaleINOI

Rassegna stampa: Il Secolo XIX del 7/11/2014

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Flood Proofing a Pontecarrega e Piazza Adriatico

ArticoloSecoloTra le misure da mettere in pratica in ottica resiliente per ridurre il rischio idrogeologico e limitare i danni vi sono anche le misure di flood proofing. Scarsamente utilizzate in Italia, non agevolate dal punto di vista fiscale e misconosciute alle amministrazioni locali, le misure di flood proofing sono barriere mobili o strutturali che si azionano automaticamente in caso di allagamento. E’ l’evoluzione del sacchetto di sabbia e può contribuire, a seconda del tipo di barriera scelta a evitare allagamenti di negozi e abitazioni. La Associazione Amici di Ponte Carrega da quasi due anni porta avanti col Politecnico di Milano una collaborazione finalizzata alla promozione di questo tema e alla verificabilità di un utilizzo delle tecniche di flood proofing anche in ambiti territoriali più estesi rispetto al singolo negozio o cantina. Il Politecnico, cioè, sta facendo uno studio di prefattibilità per la installazione delle barriere in Piazza Adriatico e Pontecarrega, in modo da contribuire a superare una situazione di rischio che si protrae dal 1953 e che ha già visto numerose alluvioni e allagamenti.

Vorremmo capire, se i 112mila euro avanzati dagli oneri di urbanizzazione del progetto per il Bricoman e rientrati nella disponibilità pubblica, possano essere in parte utilizzati in questo modo e se, a seguito della attivazione di un percorso partecipato tra tutti gli abitanti del quartiere, questa possa essere una soluzione condivisa o meno.

Qui di seguito potete vedere un intervento del Prof. Rosso del Politecnico di Milano:

http://www.primocanale.it/video/allerta-meteo-l-esperto-ecco-cosa-fare-in-attesa-degli-scolmatori–65517.html

Qui accanto invece il trafiletto che Il Secolo XIX ha dedicato a questa collaborazione lo scorso 30 ottobre:

Le fantasiose inquietudini degli Amici di Ponte Carrega

In questi giorni abbiamo avuto modo di sentire con insistenza dagli esperti che il rischio idrogeologico non è solo una questione di idraulica.
Il rischio idrogeologico, come suggerisce la stessa parola, si articola di due aspetti, idrico e geologico. Di fronte a fenomeni di pioggia intensi i due aspetti sono fortemente connessi fra loro.

Considerare solo l’aspetto idraulico trascurando l’aspetto geologico può indurre a gravi errori e viceversa. I due aspetti vanno affrontati insieme, senza trascurare uno dei due.

Cosa succede a un torrente correttamente regimato da nuove sponde se i versanti a monte sono in grado di scaricare a valle grande quantità di detriti, fango, e vegetazione?

Sentendo autorevoli pareri, il letto del torrente presto si riempie di detriti e le sezioni calcolate con tanto rigore diventano insufficienti perchè calcolate con modelli matematici che considerano in maniera superficiale la parte “geologica” causa del trascinamento verso valle di fango, detriti e residui vegetali.

Tronchi

Le inquietudini degli Amici di Ponte Carrega continuano

A Ponte Carrega il grandissimo centro commerciale-artigianale meglio conosciuto come “edificio per il Bricoman” è ormai quasi completato e tra qualche mese diventerà un centro in grado di attrarre migliaia di persone e automezzi intorno al bacino del torrente Rio Mermi andando ad aumentare notevolmente il valore esposto. Naturalmente contestualmente alla edificazione del grande edificio è stata prevista la messa in sicurezza idraulica del torrente Rio Mermi. Siamo altresì convinti che l’opera idraulica di messa in sicurezza, anch’essa in fase di ultimazione, da sola non sarà sufficiente a garantire le condizioni di sicurezza auspicate se continueranno a persistere condizioni di rischio indotte dallo stato di dissesto idrogeologico dei vicini versanti, nella misura in cui tale dissesto è in grado di interferire negativamente con le opere appena costruite.

Il 18 ottobre dopo la nuova alluvione, alcuni di noi accompagnati da esperti sono andati a verificare lo stato del versante sopra al nuovo centro commerciale in costruzione.

Abbiamo notato che nel bosco ci sono molti alberi caduti o inclinati che andrebbero tagliati prima che scivolino a valle ad interessare il torrente. In tali versanti abbiamo riscontrato preoccupanti forme morfologiche che possono, a parere degli scriventi, essere definite come “frane superficiali ” in formazione con evidenti segni di instabilità dovuti principalmente a trincee nel terreno, piani di scivolamento con cambio repentino di pendenza, materiale sciolto e soprattutto numerose piante fortemente inclinate.

La nostra peregrinazione lungo l’affluente in sponda sx del Mermi ci ha portato a scoprire sul Rio Sprà, che scende dalla torretta di Quezzi e da Leamara, un manufatto in c.a. posto a qualche decina di metri dalla confluenza con il già citato rio Mermi.

Il manufatto, vista la vicinanza, sembra essere una vasca di accumulo delle acque funzionali ai processi produttivi del ex stabilimento Italcementi.

L’opera in calcestruzzo è collocata ovviamente ortogonalmente nel letto del rio. Il manufatto è in pessimo stato di conservazione con un foro per la parziale fuoriuscita delle acque che sembra essere stato praticato recentemente.

Secondo noi questa interazione di una situazione critica del versante (con la conseguente possibile attivazione delle frane superficiali presenti) con uno sbarramento a valle parzialmente distrutto ma con la possibilità di creare comunque un “effetto diga ” in prossimità del rio Mermi si ritiene possa creare una criticità in caso di forti piogge.

Tale criticità secondo noi è dovuta a due elementi di pericolo che può diventare un rischio in quanto tale “nodo” risulta essere posizionato a qualche decina di metri dal nuovo centro commerciale con una prossima frequentazione di migliaia di persone, ma soprattutto a breve distanza dalle abitazioni di Ponte Carrega e  Piazzale Adriatico.

Sono solo fantasiose inquietudini degli Amici di Ponte Carrega, ma come mai questa struttura collocata così vicino all’enorme centro commerciale non è stata ancora demolita? Può questa struttura rimanere li come se nulla fosse è senza essere una fonte di rischio? Tutto questo è normale?

Dopo l’alluvione del 4 novembre 2011, l’allora Presidente del Consiglio dei ministri aveva emesso la dichiarazione dello stato di emergenza in relazione alle eccezionali avversità atmosferiche verificatesi i quei giorni. A seguito di ciò ancora oggi le abitazioni poste a valle di questi versanti hanno un divieto di permanenza nei locali posti al piano terra in caso di allerta 1 e 2.

Come mai sei mesi dopo l’alluvione del 4 novembre 2011 e la proclamazione dello stato di emergenza è stato concesso il titolo a costruire immediatamente a valle di questa struttura idraulica fatiscente senza anteporre evidentemente un principio di precauzione che forse avrebbe consigliato di far demolire da subito tutte le strutture eventuali fonti di pericolo?  Una struttura del genere può rimanere li così come è? Come mai questa struttura in parte crollata con evidenti segni di lesioni non è stata opportunamente confinata con divieto di accesso e segnalata con cartelli monitori di pericolo? 

I versanti possono rimanere in questo stato di dissesto senza essere fonte di rischio per le costruzioni poste a valle? A queste nostre inquietudini prima o poi qualcuno dovrà dare una risposta certa.

Abbiamo segnalato quanto esposto alle autorità competenti di Provincia e Regione, e ai VV.FF. per la questione della messa in sicurezza del manufatto per evitare che qualcuno avvicinandosi si possa far male.

2014-10-18 11.49.10

Cisterna Italcementi     Luogo indicativo del ritrovamento

Come è possibile che dopo l’alluvione del 4 novembre 2011 nessuno abbia dato ordine di demolizione di questo manufatto?

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Terra – Rete4 – trasmissione del 3-11-2014

Terra

BricomanTerraTerra – Trasmissione di Rete4 – trasmissione del 3/11/2014

Un altra trasmissione a livello nazionale cita il grande centro commerciale di Ponte Carrega come pessimo esempio di urbanizzazione e attenzione per il territorio,l’evidenza è davanti agli occhi di tutti

il servizio al minuto 16 dice: “La città con i corsi d’acqua interrati, con percorsi in condutture troppo strette, continua a cementificare come i 216.000 mq di cemento lungo il Rio Mermi, affluente del Bisagno, un insediamento industriale che lascia posto a un centro commerciale in cemento e quello che è stato definita messa in sicurezza del Rio Mermi è di fatto l’ennesima costruzione vicino a un corso d’acqua in un alveo di cemento, attorno orti e muretti a secco terreni normalmente permeabili..”

clicca sull’immagine per vedere tutta la trasmissione integrale

Restringimento del Bisagno: è come mettersi un sacchetto in testa per respirare meglio!

Audio

A meno di un mese dall’ultima alluvione un articolo apparso su Repubblica ci ripropone il progetto presentato nel 2012 per allargare la strada di sponda destra in Val Bisagno per far spazio alla Busvia. 

è previsto un allargamento della strada senza restringere la portata idraulica del Bisagno

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Questa affermazione è apparsa su un articolo di Repubblica del 25.10.2014 a detta del segretario provinciale del PD, Alessandro Terrile. Nell’articolo viene rimarcato il fatto che per la Val Bisagno è necessario un TPL veloce e per far questo si avvieranno presto i cantieri per iniziare ad allargare la strada sulla sponda destra del torrente. L’articolo ribadisce che il progetto presentato non ridurrà la portata idraulica del Bisagno.

Sul fatto che la portata non verrà ridotta siamo tutti d’accordo perché ridurre la portata non sarebbe comunque possibile dato che oggi è già insufficiente.

Il progetto presentato si basa su una riprofilatura degli attuali argini con la demolizione di alcuni ponti e passerelle pedonali, nella versione preliminare si doveva demolire anche Ponte Carrega. Con questa operazione si riesce a strappare ancora qualche briciola di spazio per allargare la strada sulla sponda destra.

L’effetto di questa operazione non sarà quello di ridurre la portata idraulica perché questa senza dubbio dovrà risultare aumentarla, i nuovi argini dovranno garantire la tenuta alla piena bi-centenaria. Dunque se rifare gli argini significa evitare che l’acqua esca significa che la stessa la ritroviamo più a valle (vedi articolo: Sturare un lavandino… )

La nuova profilatura con il ristringimento dell’alveo di circa 3m (media) avrà l’effetto di aumentare la velocità dell’acqua che arriverà più copiosa e veloce di prima a valle,  infliggendo situazioni ancora più critiche laddove l’arginatura già oggi è gravemente insufficiente, per esempio a Borgo Incrociati o alla Foce.

Il rifacimento della copertura del Bisagno e lo scolmatore del Fereggiano non risolveranno definitivamente la questione perché il nodo rimarrà comunque insufficiente per la piena bi-centenaria.

Tutto questo si fa per il tram?

A chi auspica un tram che funzioni, e non due binari che passino da qualche parte, possiamo dire che questa cosa sarà palesemente disattesa.

Noi auspichiamo un progetto dove il tram sia vicino alla gran parte della gente, vicino ai palazzi, ai negozi, perché sia il più comodo possibile e perchè solo così il tram può essere strumento di riqualificazione urbanistica e non diventi un treno veloce di collegamento Periferia-Centro. Facendo così ci sarebbe anche un maggior ritorno dell’investimento perché in questo modo più gente sarà incentivata a prendere il tram e inoltre sarebbe un investimento che potrebbe tendere la mano ai piccoli esercizi commerciali in contrapposizione ai grandi centri commerciali favoriti e approvati dalla stessa parte politica e che basano la propria prosperità soprattutto con l’utilizzo del mezzo su gomma. Favorire il tram significherebbe favorire il piccolo esercizio di vicinato e il negozio di quartiere che non potrà più competere con la grande distribuzione dei grandi centri di sponda sinistra.

Con questo progetto invece si naviga a vista, portando avanti una proposta che non migliora di sicuro il problema idraulico della città e non pone le basi per un reale investimento sulla tramvia: manca infatti uno studio completo sulla tramvia in Val Bisagno e il suo ripristino in città. C’è solo una vaga idea, oltretutto spesso rimangiata nonostante il dibattito pubblico in Val Bisagno di quattro anni fa, ma manca complessivamente un grande progetto organico che lo determini anche con un recupero di tipo urbanistico e di riqualificazione di questa parte della città. Una riqualificazione che evidentemente non è nei reali progetti della amministrazione viste le operazioni speculative in atto e l’aggravio della situazione della Volpara, che sottolineano ancora una volta come sia lontano dalla realtà di una Smart City e di una Agenda 21 la Val Bisagno.

Si ha l’impressione di trovarsi davanti a un ennesimo tentativo maldestro di “tapullo” alla genovese come di quelli avanzati e realizzati dalla amministrazione comunale negli ultimi decenni e negli ultimi anni e la realtà dei fatti ci fa vedere dove si è arrivati continuando a “tapullare” per decenni: una azienda di trasporto pubblico al collasso, la discarica di Scarpino al collasso, la rete idrografica genovese collassata, muri e versanti che crollano: tutti i nodi, prima o poi vengono al pettine, un problema in più se vengono al pettine tutti insieme. Vogliamo sottolineare come non sia un caso questo collasso: è solo ciò che raccogliamo del Buon Governo degli ultimi decenni e dell’inerzia degli ultimi anni.

Si naviga a vista costruendo con urgenza un argine per allargare una strada che forse un giorno servirà anche per realizzare un tram, ma per il momento sarà solo una corsia in più per il bus con il numero di automobili in circolazione sempre più pesante (almeno 6.000 in più grazie alle operazioni Coopsette e Coop senza contare i camion in arrivo in Volpara da tutta l’area metropolitana).

Se davvero si volesse realmente il tram non saremmo ancora oggi in questa situazione di incertezza: se davvero si volesse realizzare il tram si sarebbe già cominciato partendo da Brignole e invece ci si è voluti concentrare proprio sul tratto più problematico, per cavalcare una situazione di “impasse” che a una prima vista sembra essere molto complicata e che invece non lo è: le soluzioni per far passare il tram nel tratto Staglieno-Feritore sono molteplici e tutte più economiche di quelle presentate dalla amministrazione. Esistono modi per superare questo problema senza dover far pagare un prezzo troppo caro alla città, sia dal punto di vista economico (l’allargamento costa 26milioni di euro di soldi pubblici) sia soprattutto dal punto di vista del rischio idrogeologico, senza dover necessariamente restringere il Bisagno!

Il WWF ha proposto una valida alternativa (vedere più sotto) ma ci sono anche proposte per modificare la viabilità in quel tratto rendendolo un traffico di destinazione o proponendo un senso unico alternato anche con un breve tratto in sede promiscua (non più di 50metri!). Con i nuovi insediamenti in sponda sinistra potrebbero poi essere cambiati alcuni flussi e potrebbe in futuro cambiare il tipo di domanda su quel tratto di sponda: pertanto non può essere esclusa a priori,senza adeguate indagini e prospettive, anche un passaggio del tram in sponda sinistra su alcuni tratti. Nel tratto poi di Gavette una soluzione molto valida e a costo praticamente zero è quella di prendere spazio alla rimessa Gavette evitando così ogni tipo di restringimento, spostando semplicemente la strada di qualche metro, considerato anche il fatto che l’area di Aster verrà spostata e che la stessa rimessa Gavette con l’avvento del tram sarebbe ridimensionata, a beneficio anche e finalmente della scuola Mazzini-Lucarno, oggi affogata nello smog degli autobus di mezza città. Se infine vogliamo tornare al ragionamento sul rischio idrogeologico le cose ideali sarebbero addirittura due: ridare, dove possibile, anche attraverso cassonamento, spazio al Bisagno (proposta tra l’altro dalla stessa amministrazione regionale nel 2009, proposta di allargamento del Ponte Carrega in uno dei tratti più stretti del Bisagno, guarda foto della ripresa da Bing maps

Percorso Busvia

e il link de Il Secolo XIX 6 maggio 2010 e realizzare il progetto dello scolmatore del Bisagno dalla Sciorba, quello approvato già dal 2007.

In fondo se pensiamo che il grande scolmatore costa meno dei danni provocati dall’ultima alluvione, circa 250 milioni (e ricordiamo che come quantità d’acqua caduta l’alluvione del 2014 è stata pari a 1/3 rispetto a quella ben più grave del 1822, ma allora l’area urbanizzata era solo il 2%) allora possiamo solo rammentare alla nostra classe dirigente quale sia la vera Grande Opera (che tanto grande non è dato che costa 1/20 della Gronda o come il monte ingaggi di una squadra di calcio di primo livello di Serie A) per la nostra città e per il nostro paese: la “messa in sicurezza” del nostro territorio.

La messa in sicurezza è un termine molto abusato e non può realizzarsi né in poco tempo né con pochi e rari interventi: a dire il vero noi, come Amici di Ponte Carrega, sosteniamo l’inesistenza del Rischio Zero e pertanto vogliamo parlare di “Mitigazione del rischio” e non di “messa in sicurezza”. Ad ogni modo, dal nostro punto di vista l’opera ingegneristica può essere solo una delle misure da fare per dare una risposta al problema, ma non l’unica. Servono importanti investimenti nel campo naturalistico e ambientale (zone umide, briglie, vasche di laminazione), un ritorno al lavoro sui versanti (ripristino dei terrazzamenti, piantumazione di specie che trattengono frane) e sul bosco, soprattutto quello ceduo (creando una filiera corta che possa renderla autosufficiente e quindi anche una occasione di lavoro sfruttando i mezzi già a nostra disposizione come i Psr e la Banca della Terra di Regione Liguria), un lavoro importante sulla cultura del rischio e della autoprotezione in ottica resiliente (ad esempio attraverso il flood proofing), un lavoro importante a livello legislativo per quanto riguarda il consumo del suolo e l’adeguamento delle nostre visioni di sviluppo alle politiche di sviluppo previste dall’Europa (Obiettivo Consumo di Suolo Zero entro il 2050).

Porre il progetto di restringimento come un progetto di miglioramento idraulico del Bisagno è invece quanto di più distante da quello che avete appena letto qui sopra ed “è un po’ come mettersi in testa un sacchetto di plastica per respirare meglio” (frase pronunciata da Enrico Pedemonte, ex corrispondente da New York per L’Espresso e La Repubblica al Festival della Scienza ). Ritenere il restringimento una opera idraulica significa che il progetto dello scolmatore approvato nel 2007 o non si farà mai oppure è ritenuto inutile: entrambe le posizioni sono presto spiegate. Nel primo caso, se sosteniamo che restringere il Bisagno sia una opera idraulica allora significa che si è deciso, politicamente, di non realizzare il grande scolmatore perché le due opere sono una il doppione dell’altra. Altrimenti perché un amministratore pubblico dovrebbe spendere 26 milioni di euro dopo che si è già deciso di realizzare lo scolmatore del Bisagno e si è approvata l’opera? Che senso avrebbe, spendere 26 milioni oltre a quelli già previsti fin dal 2007 per lo scolmatore? Significherebbe fare uno sperpero di soldi pubblici e realizzare due opere idrauliche con lo stesso scopo. Forse quindi che non si tratti di opera idraulica ma di un’opera viabilistica travestita da opera idraulica?

Nel secondo caso invece abbiamo ipotizzato che la opera dello scolmatore del Bisagno fosse invece considerata superflua: è chiaramente una provocazione, il piano di bacino lo prevede ed ha passato a pieni voti , a differenza di quello del Fereggiano, il parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Può darsi però che lo scolmatore del Bisagno sia ritenuto una soluzione non abbastanza percorribile o efficace, almeno non quanto il restringimento del Bisagno. Questa seconda motivazione ha una spiegazione più squisitamente politica e spiega il gioco a cui siamo sottoposti noi povere pedine. Una opera come il grande scolmatore si misura in termini di tempo che vanno al di là delle prossime elezioni o della prossima campagna elettorale. La realizzazione di uno scolmatore di questa portata potrebbe durare anche un paio di lustri (per dovere di cronaca va invece scritto che lo scolmatore del Fereggiano sarebbe invece realizzabile in 4 anni, meno della metà del tempo, ma avrà anche una incidenza nulla sul Bisagno e un costo maxi attorno ai 60 milioni di euro, compreso dei due stralci): troppo per chi è alla ricerca di un immediato ritorno elettorale. E allora chiediamoci cosa è, soprattutto a Genova, ciò che rende tutti contenti e felici di votare? Et voilà, la viabilità!: “La viabilità a Genova è un moloch cui concedere ogni sacrifizio“, si legge a pagina 63 del libro del professor Rosso, “Bisagno. Il fiume nascosto“.

Perché quindi, questa fretta di allargare l’argine? Forse perché darà visibilità in vista delle prossime elezioni? Il progetto si farà passare per una “messa in sicurezza” idraulica del Bisagno e come primo lotto per la corsia protetta per TPL. Ovviamente l’opera non verrà descritta per quella che è in realtà, ossia un altro tratto di autostrada urbana che andrà ad incentivare a aumentare il traffico su gomma. Probabilmente c’è anche l’urgenza di contenere l’aumento del traffico privato che produrranno i nuovi centri commerciali. In questo modo si impiegheranno soldi pubblici per compensare problemi causati da investimenti privati, una idea di sviluppo di città lasciato al caso.

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L’idea di allargare la strada nasce con la Perizia Misurale che avrebbe in prima battuta decretato anche la demolizione di Pontre Carrega e tutti i collegamenti tra le due sponde fra Ponte Feritore e Ponte Monteverde.

Il progetto sceglie di utilizzare lastre cemento prefabbricate per realizzare i nuovi argini. In sostanza nulla di innovativo perché è esattamente quello che si è sempre fatto in Val Bisagno.

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 Notare il muro d’argine esistente e la nuova profilatura per allargare la strada

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Su questo argomento noi appoggiamo la proposta promossa dal WWF Genova. Un progetto ben articolato dove individua il mezzo tram come occasione efficace di riqualificazione urbana.

Il progetto WWF prende in considerazione che la strada attuale di sponda destra è più che sufficiente a contenere i 2 binari del tram e consentire il traffico privato in modalità promiscua con i binari. Ovviamente questo non deve avvenire con un traffico privato di scorrimento come avviene ora, ma solo con quello dei residenti o da chi è veramente interessato ad accedere a quella zona. Una circolazione senza divieti, ma con una diversa distribuzione della circolazione, utilizzando per esempio sensi unici e svolte obbligate, che scoraggi chi vuole utilizzare questo percorso come una scorciatoia in alternativa alla strada di scorrimento su sponda sinistra. In queste circostanze ci sarebbe anche un recupero urbano di notevole rilevanza, non scordando che dietro a questa strada c’è un tessuto storico da valorizzare. La zona diventerebbe più silenziosa e gradevole con grande vantaggio per tutti in particolare per i residenti che fino ad oggi sono stati solo penalizzati dalla presenza della Volpara e da un traffico che si potrebbe evitare. Solo per quei pochi esercizi commerciali che sarebbero veramente penalizzati da un minore scorrimento privato (distributori di benzina, venditori di materiali edili, gommisti, ecc.) si potrebbe ipotizzare un trasferimento agevolato in zone limitrofe più idonee magari sulla sponda opposta. La maggioranze degli esercizi commerciali, come già dimostrato in esperienze analoghe, sarebbe invece molto avvantaggiato da una maggiore qualità urbana. Il progetto proposto dal WWF non prevede di togliere le passerelle pedonali ma anzi rafforzare la loro presenza con altre di nuova concezione, per esempio sarebbe utile averne una all’altezza dello sbocco di Via delle Gavette. 

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 Scarica qui il progetto preliminare dell’opera

Bisagno