Archive for giugno 2014

Festival dell’Acquedotto

Oggi un Bene Comune ritorna ad essere della comunità e della cittadinanza, riemergendo da decenni di oblio, zetto, rovi e carcasse di motorini. Il Truogolo di Salita alla Chiesa di Staglieno era stato cancellato dai percorsi ed era quasi sparito dalla memoria collettiva. Dopo sei mesi di lavoro l’Associazione Amici di Ponte Carrega è lieta, questo pomeriggio a conclusione della stondaiata che dalle 17:30 parte dal Ponte Carrega, di presentare alla cittadinanza la prima parte dei lavori di recupero di un truogolo unico nel suo genere e tornato patrimonio della città e della Val Bisagno.
La Bellezza torna oggi ad essere visibile di fronte a tante bruttezze e oscenità che ogni giorno possiamo e potremo vedere nei nostri quartieri: tanta bellezza riqualifica il nostro territorio e risalta l’arroganza e la violenza degli ecomostri che violentano il nostro territorio, dequalificando la nostra Valle e minando le nostre radici.

Il percorso passerà in mezzo a queste contraddizioni: si parte dal Ponte Carrega, si prosegue nel borgo storico, nella Ponte Carrega nascosta: passeremo negli orti di ponte Carrega a Porte chiuse. Saliremo  la antica Salita del Campo da cui un tempo si raggiungeva Quezzi e supereremo Laiasso e Orpea: qui vedremo un altro lavatoio nascosto. Supereremo il ponte Veronelli (per l’occasione adottato con nuovi fiori e piante dalla Associazione) e proseguiremo per Gavette fino al truogolo della Pigna e da lì al truogolo di Salita alla Chiesa di Staglieno.

Vi aspettiamo alle 17:30 sul Ponte Carrega

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Bisagno. Il fiume nascosto

Sul nostro canale Youtube sono disponibili le riprese della presentazione del libro del Professor Rosso, “Bisagno Il fiume nascosto”. Il video è stato girato anche all’editore Marsilio di Venezia, editore del libro.


Presentazione del libro di Renzo Rosso

Il libro offre interessanti spunti di riflessione sulla storia della città attraverso gli occhi del Bisagno. Racconta di disastri e alluvioni ma anche della ricchezza, della bellezza e della storia di questo fiume contraddittorio, che si ama e che si odia, che sembra tranquillo tanto da “non potergli negare un bicchier d’acqua (Dumas)” ma che diventa, spesso, “nera di malasorte che ammazza e passa oltre”(De Andrè). Il libro racconta numerosi aspetti di questa vallata da sempre, e purtroppo ancora oggi, considerata esclusivamente “area di servizio” di Genova: racconta la speculazione edilizia di cui è stata oggetto la vallata fin dagli inizi del ‘900 citando le parole di Edith Wharton che già nel 1904 passando per San Fruttuoso la definisce “dismal” (tetra, lugubre) osservando i palazzi in costruzione di quella che un tempo era una delle campagne più belle del genovesato con il suo complesso di ville cinque-secentesche. Rosso affronta temi attuali riportando le esperienze passate e gli errori già fatti sul nostro territorio: parlando della copertura del Bisagno alla Foce dice:”la copertura asserviva a due scopi: il primo era senza dubbio la viabilità, che a Genova è un moloch cui concedere ogni sacrificio”. Cita poi i verbali della Commissione governativa Supino, stilata nel 1971 dopo la tragica alluvione che affermava: “possibile ricoprire ulteriormente il Bisagno fino a Staglieno con la possibilità di ricavare aree di grande valore commerciale. I commissari avevano ben compreso l’attitudine dei genovesi a considerare la questione del Bisagno sempre subordinata ad altre, più concrete iniziative: la realizzazione di un contesto maestoso, il miglioramento della circolazione, l’allocazione di servizi o il mero reperimento di nuove aree per nuove costruzioni”. Sembrano parole scritte oggi e invece sono state scritte nel 1971. Rosso riporta le dichiarazioni fatte nel 1977 dal Botta: “l’alluvione del ’70 non ha suggerito nulla alla classe di governo la quale ha persistito nella usuale indifferenza per i problemi connessi alla difesa del suolo e ancor più pervicacemente nella politica dei profitti. I corsi d’acqua che hanno sconvolto Genova continueranno ad essere un pericolo per quelle popolazioni fino a che non si provvederà a una costante politica di rimboschimento, non verranno varate leggi atte a garantire l’ordinaria manutenzione dei corsi d’acqua e si continuerà a snaturare il loro corso con interventi urbanistici speculativi“. Niente di nuovo! Con le parole di numerosi tecnici ed esperti suoi colleghi e predecessori Rosso porta il discorso su un piano politico e indica le responsabilità di questi anni di ritardo: “Mentre nessuno si farebbe resecare la prostata da un dentista maldestro ma politicamente allineato, non accade lo stesso per un’opera di difesa idraulica. La riuscita o il fallimento di queste opere si misura su un orizzonte di decine di anni, una prospettiva che supera perfino la nota, straordinaria lungimiranza dei protagonisti della vita politica italiana”. Insomma, per dirla alla Menduni (altro grande esperto e autore del volume “Perchè. La ragione dei disastri”) queste scelte non ripagano in termini di voti e non garantiscono al politico di turno una carta spendibile per tentare di rimanere aggrappato al carrozzone della politica e al valzer delle poltrone. Sempre citando il prof.Menduni, Rosso prosegue parlando di “messa in sicurezza”: “tutti la declamano e la reclamano, tutto deve essere in sicurezza , i fiumi devono restare negli argini anche se piove una quantità d’acqua da diluvio universale. Non facile, soprattutto se abbiamo ristretto l’alveo per realizzare una schiera di villette e un paio di viali di accesso. Oppure se abbiamo regolato il territorio in maniera da produrre, a parità di pioggia, una quantità di deflusso molto maggiore rispetto al passato”. E’ una denuncia forte. Se aprite i quotidiani, se girate per la città e, per chi abita a  Ponte Carrega, vi affacciate alla finestra, vedrete quanto sia lucida e veritiera l’analisi e la denuncia fatta dall’autore e supportata da illustri colleghi in campo ingegneristico. L’autore fa una lucida analisi dei problemi di gestione del territorio ma traccia alcune soluzioni culturali: la prima è una “opinione pubblica agguerrita e documentata”. Il tema del dissesto deve diventare un problema culturale e deve essere affrontato quotidianamente perchè è diventato un problema quotidiano e non è più possibile nasconderlo sotto il tappeto. Allo stesso tempo però, dato l’alto contenuto tecnico di questi temi, è necessario che la cittadinanza sia preparata: in primo luogo per proporre soluzioni, in secondo luogo per non essere presa in giro (Rosso cita un proverbio toscano: “Al contadino non far sapere”: questo è stato l’atteggiamento della amministrazione fino ad oggi) quando si nasconde un problema di viabiltà con uno di dissesto idrogeologico. La seconda è il tema della Resilienza, strettamente collegato al tema culturale e della partecipazione tracciato poco sopra: “un disegno urbano consapevole può diminuire in modo significativo il danno alluvionale. Criteri di consumo del suolo e tecniche di costruzione idonee a garantire un accettabile livello di flood proofing diminuiscono gli impatti. La resilienza urbana è un fattore chiave nella gestione del rischio alluvionale”.

Affrontati questi due aspetti le soluzioni tecniche e ingegneristiche potranno essere individuate e scelte accuratamente in tutta la loro complessità: una opera ingegneristica da sola non è sufficiente perchè “non si può porre tutta l’attenzione sull’evento (alluvionale, ndr) e trascurare intanto il territorio”. L’ambiente va considerato nella sua complessità e non è più possibile ragionare per compartimenti stagni. Opere di ingegneria, cura del territorio, agricoltura periurbana, urbanistica, protezione civile, flood proofing e educazione ambientale, adattamento al rischio, resilienza: interconnettere tutti questi aspetti è l’unico modo per dare un futuro al nostro territorio ed evitare che il fiume ci sommerga ancora.

 

Le due facce della coop – parte il volantinaggio

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Ascanio Celestini, Porto Antico di Genova, condivide il nostro volantinaggio.

Scarica e diffondi il volantino

QUALE FACCIA VUOI CHE ABBIA LA TUA COOP?

La coop Liguria, si è sempre dichiarata attenta allo sviluppo sostenibile e alla tutela per l’ambiente, ma  contrariamente a questi principi recentemente ha presentato un progetto di riconversione della aree ex-Officine Guglielmetti con un disegno architettonico molto impattante che non rispetta il tessuto urbano storico della Val Bisagno. Come ci ricorda Salvatore Settis, nel suo saggio (Paesaggio Costituzione cemento. La battaglia per l’ambiente contro il degrado civile) in Italia più che altrove parlare di ambiente significa parlare di paesaggio. “Non si parla di difendere solo le grandi opere d’arte, ma anche la stradina da niente, così umile, quella va difesa, il piccolo borgo, la cosa che non è famosa, ma che tutto messo insieme fa il patrimonio italiano”.

Pur avendo chiesto una effettiva revisione del progetto, nella seconda revisione sono state apportate limature di scarsa rilevanza. Le scelte architettoniche del progetto compromettono il paesaggio della Valbisagno ponendosi in netto contrasto con quanto resta del suo tessuto urbano storico, che indeboliscono forse irrimediabilmente. Sono previsti imponenti volumi davanti alla collina di Montesignano, alla storica Chiesa di S. Michele e allo storico Ponte Carrega. La copertura del nuovo edificio è dequalificata con grandi aree di parcheggio che saranno viste dal parco storico dei forti e dalla passeggiata dell’antico acquedotto. L’intervento è un grande fuori scala, un enorme “ufo” che cala dall’alto sul territorio della Valbisagno senza alcun rispetto per le sue caratteristiche naturali e per la sua storia secolare.

Dato che i dirigenti coop non hanno dato alternativa riproponendo il concetto di “mall” americano, abbiamo chiesto ad esperti urbanisti di presentare loro un progetto alternativo in grado di conservare le stesse destinazioni d’uso richieste dai proponenti, ma con un progetto di concezione più moderna, meno impattante e vicino alla cultura del tessuto urbano italiano.

La nostra proposta è solo un esempio di come sia possibile, se si vuole, conciliare lo sviluppo economico, qualità della vita e rafforzamento dei valori storico culturali di un territorio, senza per questo mortificarlo. Solo in questa direzione si può parlare di “smart city”.

Si ricorda che il diritto da parte di Coop a realizzare l’operazione non è acquisito, in quanto è necessaria una variante sia al PUC vigente, sia a quello adottato.

Per questo progetto volgiamo aprire un dibattito sul famoso “processo di concertazione”, concetto ormai consolidato nella legislazione urbanistica europea ed italiana, in Liguria incredibilmente non previsto neanche nella legge urbanistica regionale in fase di revisione. 

Dal momento che la Coop siamo anche noi (molti di noi sono soci coop), a tutti i soci ci rivolgiamo con un appello di sensibilizzazione. Secondo noi la dirigenza Coop, con la presentazione di un progetto così poco rispettoso del paesaggio e del tessuto storico urbano, ha dimostrato un triste scostamento dai principi etici fondativi della cooperativa, avvilendo la sua stessa ragione di esistere.  

Siamo certi che la maggioranza dei soci coop non vogliono che la loro cooperativa diventi responsabile e complice di una periferia per sempre con la nuova linea di prodotti “eco-mostri” a marchio coop.

Abbiamo iniziato una campagna di sensibilizzazione su queste tematiche, che volgiamo diffondere su vasta scala. Per il momento è pronto un volantino informativo che invitiamo a scaricare e a diffondere soprattutto fra i soci coop, che sono poco informati di queste iniziative, progetti poco condivisi e calati dall’alto dalla dirigenza coop senza una effettiva partecipazione della base sociale e dei cittadini.

Scarica e diffondi il volantino

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«Il paesaggio è il grande malato d’Italia. Basta affacciarsi alla finestra: vedremo villette a schiera dove ieri c’erano dune, spiagge e pinete, vedremo mansarde malamente appollaiate su tetti un giorno armoniosi, su terrazzi già ariosi e fioriti. Vedremo boschi, prati e campagne arretrare ogni giorno davanti all’invasione di mesti condominî, vedremo coste luminose e verdissime colline divorate da case incongrue e “palazzi” senz’anima, vedremo gru levarsi minacciose per ogni dove. Vedremo quello che fu il Bel Paese sommerso da inesorabili colate di cemento». – Salvatore Settis (Paesaggio Costituzione cemento. La battaglia per l’ambiente contro il degrado civile) per prenderne coscienza consigliamo la visione del video “Costituzione e tutela del paesaggio”, Lectio magistralis di Salvatore Settis al festival di economia ecologia di Piombino (7 giugno 2012)

guarda il video qui

Fernanda Contri in La Costituzione in Piazza

Fernanda Contri è stata la prima donna a ricoprire il ruolo di giudice della Corte Costituzionale, membro del Consiglio Superiore della Magistratura e Ministro della Repubblica. Ha raccolto con grande entusiasmo l’invito rivoltole dalla Associazione Amici di Ponte Carrega di venire a raccontare la Costituzione ai ragazzi dell’Istituto Comprensivo Staglieno. La manifestazione era prevista all’aperto in Piazza Adriatico ma a causa del brutto tempo siamo stati costretti a svolgerla presso il teatro della scuola. I ragazzi sono stati catturati dall’energia e dalle parole della dott.ssa Contri: è nata così un’ appassionante chiaccherata sulla Nostra carta costituzionale, “breviario laico” che contiene le “Nostre regole per vivere insieme” ma che spesso viene messa da parte o non tenuta nella debita considerazione se non addirittura messa in pericolo da frettolosi disegni politici.

Guarda il video

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COOP – La proposta progettuale alternativa

INTERVENTO TALEA-COOP IN AREA EX-GUGLIELMETTI, LA PROPOSTA PROGETTUALE ALTERNATIVA

– Pubblichiamo le note degli autori della proposta alternativa al progetto Coop – Talea –

La proposta alternativa, come indicato dagli stessi architetti, non è altro che un esempio di come sia possibile conciliare le esigenze di espansione commerciale della Coop Liguiria con la conservazione dei valori storici e paesaggistici del tessuto urbano della Val Bisagno. La Coop si è sempre dichiarata molto attenta a questi principi di sostenibilità, per questo molti di noi, in gran parte anche soci coop, si sono molto meravigliati del progetto presentato in palese contradizione a questi principi. Ci chiediamo quale sia la causa che ha spinto la dirigenza Coop a un cambiamento così radicale e se sia stata consultata la base dei soci coop a favore di un tale intervento che potrebbe mortificare gravemente l’immagine della cooperativa in generale.

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Come studio GALLARATI ARCHITETTI, interpellati dall’Associazione Amici di Ponte Carrega, abbiamo accettato di cimentarci nella formulazione di una nostra proposta progettuale per l’area ex-Guglielmetti per dimostrare che esiste sempre un’alternativa. Troppo spesso vengono giustificati interventi edilizi di scarsa qualità, che stridono con il contesto in cui si inseriscono e favoriscono il degrado del tessuto urbano, sostenendo che non esistono altre soluzioni possibili a parità di superfici, destinazioni d’uso o piano economico. Questa giustificazione raramente viene discussa: è infatti difficile contestare un progetto quando non esistono proposte alternative.

Vogliamo invece convincere l’opinione pubblica di un fatto: a parte i casi limite di scelte urbanistiche completamente sbagliate, esiste sempre una soluzione alternativa, sostenibile e condivisa, rispetto ad un progetto architettonico di dubbia bontà. I cittadini dovrebbero esigere che i nuovi interventi edilizi, pubblici o privati, portino riqualificazione e valorizzazione, non degrado. Obiettivo raggiungibile, a nostro avviso, se il progettista accetta di non “inventare” qualcosa di nuovo a tutti i costi, ma sceglie di adeguarsi al contesto naturale e al tessuto urbano storico in cui opera, facendo propri gli obiettivi e le scelte delle generazioni di uomini che hanno abitato e plasmato il territorio prima di lui. Obiettivo raggiungibile, soprattutto, se si ascoltano i desideri e le necessità reali degli abitanti: il famoso “processo di concertazione”, concetto ormai consolidato nella legislazione urbanistica europea ed italiana, in Liguria incredibilmente non previsto neanche nella legge urbanistica regionale in fase di revisione. 

La proposta progettuale che presentiamo non intende porsi perciò come l’unica e la migliore possibile soluzione alternativa al progetto Talea-Coop. E’ semplicemente la nostra proposta, elaborata sulla base della filosofia di progetto del nostro studio e delle indicazioni ricevute dai cittadini da noi incontrati.

Speriamo che Coop riconosca che è possibile una soluzione alternativa e accolga la richiesta del quartiere, rendendosi disponibile a rivedere il progetto nella sua interezza e non solo in limature di scarsa rilevanza: si ricorda che il diritto da parte di Coop a realizzare l’operazione non è acquisito, in quanto è necessaria una variante sia al PUC vigente sia a quello adottato. Speriamo inoltre che questo sforzo possa contribuire a dimostrare che una discussione reale e regolamentata tra politici, professionisti e cittadini sulle scelte urbanistiche ed edilizie è oggi più che mai necessaria, in quanto costituisce l’unico modo per giungere a risultati che davvero siano sostenibili per il territorio e rispecchino le esigenze della collettività.

La proposta progettuale

Principali obiettivi del progetto di Talea sembrerebbero la riqualificazione fisica e l’adeguamento dell’assetto infastrutturale dell’area: dal punto di vista della mera “funzionalità”, il prospetto sul Lungo Bisagno in corrispondenza del ponte Guglielmetti e piazza Bligny vengono individuati come i più comodi accessi al complesso, e per questo motivo sono assunti come fronti principali dell’intervento.

Viene volutamente privato di ogni valore l’asse storico dell’area, ossia il percorso che collega Ponte Carrega con la chiesa di Montesignano e con le colline soprastanti, che in una prima versione veniva tagliato da una rampa elicoidale di collegamento carrabile alla copertura, successivamente eliminata su pressione dei cittadini.

Il tessuto edilizio storico di Ponte Carrega viene “schiacciato” dagli imponenti volumi dell’albergo, posti parallelamente al Bisagno in modo da costituire un’enorme barriera alla vista della collina di Montesignano e della storica Chiesa di S. Michele. L’intervento è concepito come un grande oggetto fuori scala, un enorme “ufo” che cala dall’alto sul territorio della Valbisagno senza alcun rispetto per le sue caratteristiche naturali e per la sua storia secolare.

AlbergoRenderSpondaDestra(Questo render di raffronto è stato realizzato dallo staff APC, a titolo esemplificativo, e per tanto è suscettibile di errore)

A nostro avviso, la riqualificazione fisica e infrastrutturale può effettivamente contrastare il degrado, ma solo se viene associata alla riqualificazione culturale, ossia alla valorizzazione dell’identità di un luogo. In caso contrario, si rischiano di generare altri di quei “non-luoghi”, di cui Genova può purtroppo vantare troppi esempi (via Madre di Dio e Corte Lambruschini sopra tutti), frutto di utopie degli anni ’70 che basavano la bontà di un progetto sulla mera funzionalità.

Albergo2(render del nuovo complesso come concepito da Coop – Talea)

La nostra proposta progettuale ribalta perciò l’impostazione di fondo del progetto Talea e assume il percorso storico come asse principale dell’intero intervento. Su questo percorso viene previsto lo spazio principale di aggregazione, ossia la piazza con il teatro, e a partire da esso avviene l’accesso agli spazi pubblici e al centro commerciale. L’albergo, funzione qualificante ma di notevole impatto volumetrico, viene spostato sull’asse del ponte Guglielmetti, ruotato perpendicolarmente al Bisagno e suddiviso in più edifici, in modo da non costituire più una barriera alla percezione del paesaggio retrostante.

Percorrenze(studio del tessuto storico urbano e percorrenze storiche effettuato dallo studio Gallarati Architetti)

Per evitare il “fuori scala”, l’intervento è concepito come somma di elementi più piccoli, con un passo assimilabile a quello degli edifici storici retrostanti. Il disegno dei prospetti e l’utilizzo dei materiali sono studiati in modo da richiamare il passato industriale dell’area (il mattone faccia a vista presente in alcune bellissime strutture dell’area Gavette) nonché i caratteri tipici dell’architettura ligure.

Il secondo obiettivo su cui si basa il progetto Talea, che riteniamo assolutamente non condivisibile, consiste nella previsione dei principali spazi di aggregazione pubblica all’interno dell’edificio: i progettisti di Coop sembrano convinti che ricreare una piccola città artificiale e privata al chiuso significhi riqualificare (viene ad esempio posta molta enfasi sull’interna “Piazza Guglielmetti”). Si tratta del concetto alla base del “mall”, il grande centro commerciale americano, fulcro delle nuove espansioni urbane “made in USA” degli anni 70-’80.

E’ un modello che purtroppo si è molto diffuso in Italia nelle periferie di tutte le grandi città, forse in parte contribuendo a sancire il destino di tali aree ad essere periferia. Il modello del mall è infatti quanto di più lontano possa esistere dalla riqualificazione urbana, in quanto propone una città artificiale che va per forza di cose a sostituirsi alla città vera. I negozi si spostano nel centro commerciale, le strade si svuotano e il quartiere si impoverisce irrimediabilmente e viene destinato a diventare periferia.

Come in un mall, l’intero complesso è strutturato sulla base di un accesso quasi esclusivo tramite automobile privata. Vengono destinati a parcheggio non solo il piano terra, ma anche l’intera superficie in copertura, visibile da entrambi i versanti della valle: una scelta a chiara “vocazione periferica”, poco comprensibile in una “Smartcity”. Il progetto Talea prevede solo un piccolo spazio verde all’aperto in copertura, accessibile quasi unicamente tramite le scale mobili del contro commerciale e perciò a servizio dei clienti e non dei cittadini. 

RenderGallarati(render come concepito dal progetto Coop – Talea con evidenziato il giardino pubblico a servizio del centro commerciale)

La nostra proposta progettuale si basa sul concetto che un grande organismo edilizio non può essere concepito come un unico enorme edificio in cui tutto si svolge sotto un solo tetto, in quanto questi sono i requisiti tipici del “mostro edilizio”: un grande organismo edilizio dovrebbe essere composto come una piccola città, in cui gli spazi di aggregazione non siano corridoi e sale illuminati al neon ma strade, piazze e giardini.

Per non modificare superfici e destinazioni del progetto Talea, abbiamo mantenuto l’unitarietà del piano terra, a parcheggi, e del piano intermedio, con destinazione a centro commerciale, fruibile tramite percorsi coperti: il centro commerciale non costituisce più però l’elemento centrale dell’edificio, in quanto la nostra proposta prevede di realizzare in copertura un grande spazio pubblico urbano sopraelevato, collegato direttamente con il tessuto edilizio circostante tramite percorsi pedonali, scalinate aperte e ascensori pubblici e organizzato in vie, piazzette, giardini. Su di esso sono previste strutture leggere da destinare a piccoli esercizi commerciali, pubblici esercizi e spazi per società sportive, con l’intento di stimolare e rafforzare una vita di quartiere. Ovviamente, tale spazio sarà collegato anche con il centro commerciale, in modo da sfruttare le possibilità economiche che esso comporta. Se il numero di parcheggi non risultasse sufficiente, essi potranno essere ricavati realizzando un ulteriore piano interno, che abbiamo verificato fattibile con una impercettibile sopraelevazione dei prospetti esterni.

Arch. Giacomo Gallarati

ProgettoGallarati

 

Non periferia per sempre!

Pubblichiamo il servizio andato in onda sul telegiornale del giorno 13/06 delle ore 19:00 di Telecity 7 Gold, canale 14 DTT, relativo alla nostra proposta di progetto alternativo a quello presentato recentemente dal gruppo Talea per le aree ex-officina Guglielmetti e che riteniamo impattante per il territorio.

Il progetto alternativo è stato realizzato dallo Studio Gallarati Architetti dopo aver accettato un incontro con la ns. associazione e aver messo gratuitamente a disposizione la sua capacità tecnica a favore del Bene Comune.

Il progetto proposto, pur conservando la stessa destinazione d’uso richiesta dai proponenti, è stato concepito in modo da non compromettere irrimediabilmente il tessuto storico che è sopravvissuto miracolosamente alla pesante industrializzazione e cementificazione iniziata a partire dai primi anni del novecento in tutta la Val Bisagno.

Noi siamo favorevoli alla proposta di variazione del PUC, ma pretendiamo una qualità e un’attenzione architettonica compatibile con i significati simbolici del tessuto storico della Val Bisagno.

In questo progetto l’edificio non sarebbe concepito come un corpo alieno decontestualizzato dal resto del paesaggio, ma sarebbe integrato nel tessuto storico restituendogli il significato. Una periferia non deve essere destinata ad essere “periferia per sempre“.

renderCoopGallarati

 

Le scelte della Coop, forse è tempo di cambiare

Audio

La Giunta comunale a Genova ha un atteggiamento discriminatorio a favore della Coop” Lo diceva l’avvocato Flavio Fasano spinto ad esprimersi in tal senso da Teodoro Chiarelli, responsabile genovese della redazione economica de La Stampa, nell’edizione genovese del 28 settembre 2007

Il gruppo francese Carrefour aveva deciso di sbarcare sotto la Lanterna per aprire un centro commerciale nella zona del Fegino, con l’obbiettivo di investire circa 200 milioni di euro e garantendo 500 posti di lavoro…”  “Genova, città da trent’anni governata dal centro sinistra, ha un solo grande ipermercato e nel resto della regione ce ne sono altri tre (il quarto è in arrivo nella Citta di La Spezia, il quinto a Vado e il sesto ad Albenga) tutti a insegna Coop Liguria…”

“Il 22 giugno 2004 il progetto della Cittadella dello Shopping proposta da Carrefour approda allo Sportello Unico per le attività Produttive con l’obbiettivo di ottenere una variante alla destinazione urbanistica che in quella zona prevede attività di tipo artigianali e residenziali (ossia altri palazzi). Si tratta quindi di un’ area edificabile e non di una area agricola sulla quale fare speculazione. La variante alla destinazione urbanistica viene puntualmente negata…” “Cosi come sono stati bloccati i progetti della GS, della Pam, della Esselunga e di alcuni gruppi tedeschi. La telenovela Carrefour basterebbe da sola a spiegare la ragnatela di interessi che il mondo Coop ha intessuto in Città. Un sistema di potere economico e di interdizione, basato su due campioni: Coop Liguria e Coopsette, colosso emiliano delle costruzioni che si è aggiudicato le più importanti operazioni immobiliari. Balza clamorosamente agli occhi come le proposte del sistema Coop vengano sistematicamente accolte, mentre altri imprenditori incontrano porte sbarrate e abbiano grandi difficoltà ad operare. Tutto ciò ha creato una situazione di strapotere che ha effetti sui consumatori, ossia sul prezzo delle merci della spesa dei Liguri. Secondo la rivista dell’Associazione dei consumatori Altroconsumo riportata dal Il Sole 24 ore, il 21 settembre 2007, la Città di Genova (dove opera un solo grande ipermercato della Coop) è la città d’Italia dove i consumatori spendono di più per fare la spesa. I prezzi sono più alti del 27% rispetto a Pisa dove esiste la concorrenza”

Tratto da “La Coop non sei Tu” di Mario Frau – Edizioni Editori Riuniti, edizione 2010

 

La CoopNonSeiTu

Mario Frau è stato un dirigente di Novacoop e profondo conoscitore del mondo della cooperativa di consumo. 

Con questi presupposti non deve sorprende se dalla cronaca dei giornali apprendiamo che un dirigente Coop, l’ingegner Lino, che avevamo conosciuto lo scorso autunno, sia al centro di alcuni articoli di giornale insieme al Vice Sindaco Bernini (delega all’urbanistica)

Accuse, veleni e denunce per il caso Fiera – Coop

http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2014/05/25/ARnEEtP-accuse_veleni_denunce.shtml

Bernini: io non sono un uomo coop

http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2014/05/24/ARTd9WO-genova_vicesindaco_bernini.shtml

Aree Fiera, spy story in salsa Coop

http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2014/05/23/ARwz4iN-salsa_fiera_story.shtml

Le macerie della città sotto gli scandali

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05/25/genova-dalla-lega-a-carige-le-macerie-della-citta-sotto-gli-scandali/999796/

Commercio e mattone 30 anni di dominio Coop

http://www.astampa.rassegnestampa.it/GruppoTotoAc/View.aspx?ID=2014052527560707

Carige e Coop rosse. Menconi: “Esselunga bloccata, Berneschi conosce i giudici

http://www.blitzquotidiano.it/cronaca-italia/carige-e-coop-rosse-menconi-esselunga-bloccata-berneschi-conosce-i-giudici-1876849/

 

Non vogliamo commentare i fatti riportati dal quotidiano genovese, se verificati ci sembrano paradossali e ambigui con sfumature particolarmente gravi, tuttavia vogliamo sottolineare come il dirigente coinvolto nella “spy-story” fino a poco tempo fa era un dirigente Coopsette responsabile dell’operazione ex-area Italcementi (edificio per Bricoman).

Come avevamo anticipato nei post precedenti, oggi più che mai è chiaro come le operazioni immobiliari in corso in Val Bisagno a Ponte Carrega, non solo hanno un unico colore, quello delle Cooperative, ma anche gli stessi protagonisti, ovvero una stessa regia di tecnici e politici che portano avanti questi interventi in modo autoreferenziale e senza la dovuta partecipazione dei cittadini. 

Il tema della partecipazione alle trasformazioni della città è un tema nuovo. Finora per partecipazione si è intesa la partecipazione informale ad assemblee pubbliche di presentazione di progetti mentre per Partecipazione nel 2014 dovrebbe intendersi un procedimento normato di condivisione e mediazione che porti ad una progettazione condivisa e alla risoluzione preventiva dei conflitti.

Questo si che sarebbe rinnovamento nella politica. A Genova siamo ancora in pochi a parlarne. Una amministrazione che ha come slogan quello del “Rinnovamento” può e deve pensare a questo tipo di rinnovamento: altrimenti viene il sospetto che si parli solo di aria fritta. Se il cambiamento non arriva da questi processi allora di cosa si parla quando si parla di rinnovamento? Di presentare volti nuovi ma con le stesse idee di un tempo. In alternativa, se questa motivazione non vi accontenta e non vi convince si può sempre pensare al fatto che questo millantato rinnovamento sia ostaggio di un certo tipo di imprenditoria: fatto, se vogliamo, ancora più grave dato che una politica ostaggio degli interessi finanziari fa solo gli interessi di questi ultimi e non certo della base elettorale che l’ha scelta! E’ chiaro che questa sia solo una ipotesi fantascientifica: poniamo l’esempio di un qualsiasi soggetto privato che investa tre volte tanto rispetto al valore di mercato per acquistare un’area pubblica. Poniamo che questi soldi facciano molto comodo alla Amministrazione cittadina per risolvere (temporaneamente) i suoi problemi di bilancio. Secondo voi questa amministrazione si trova in una posizione di equilibrio e parità rispetto a questo investitore privato? Può trovarsi il Pubblico in una posizione di garanzia rispetto al Privato?

Secondo noi no.

In Val Bisagno assistiamo ad un intreccio di interessi economici molto intessanti: in ballo c’è il mosaico delle trasformazioni prossime e future delle aree Ex Moltini e della Rimessa Amt di Gavette (distretto di trasformazione) che, insieme alle trasformazioni in atto a Pontecarrega, secondo noi porterà alla decisione di progettare l’abbattimento di Ponte Carrega facendo leva sulla paura del rischio idrogeologico e del “fuori norma“, così da poterlo sostituire con un nuovo ponte a quattro corsie automobilistiche a tutto vantaggio della mobilità privata verso i nuovi centri commerciali e le aree di trasformazione. 

Nulla sembra essere cambiato in tal senso fra amministrazione Marta Vincenzi e amministrazione Marco Doria, che in ultimo ha concesso il titolo edilizio per il mostruoso edificio che ospiterà il Bricoman (ora in fase di ultimazione), il titolo fu concesso infatti il 30/07/2012, sei mesi dopo la disastrosa alluvione del 4 novembre 2011. Per questa giunta era troppo tardi fermare o mitigare il procedimento iniziato con la precedente amministrazione ma per l’area Guglielmetti è diverso: l’iter di approvazione è appena iniziato e il vicesindaco con la sua giunta dovrà decidere sulla qualità del progetto. Noi auspichiamo ai proponenti soluzioni più vicine alle richieste e ai bisogni del territorio rispetto a quelle proposte, anche rispetto l’ultima versione recentemente depositata in Comune che già accoglie alcune delle nostre indicazioni. Questo processo di approvazione dovrà essere il più corretto possibile, senza sconti, anche se il proponente è la solita cooperativa di sempre. Il progetto si potrebbe fare diversamente conservando le stesse destinazioni d’uso richieste ma senza essere così impattante.  

Voi capite che pensare che vicino a noi ci poteva venire una struttura più grande di quella che avevamo, un po’ ci ha preoccupatodisse l’arch. Ferrari, dirigente Coop Liguria, durante il primo incontro di presentazione del progetto ad alcuni membri della nostra associazione, per giustificare il costo di acquisizione dell’area, avvenuta nel 2010, con una spesa molto più alta del valore di mercato. Le aree furono acquisite tramite una gara pubblica dal gruppo AMI ( Immobiliare dell’azienda trasporti pubblici).

Noi rispondiamo con i criteri di impresa..alle esigenze dell’utente” aggiunse l’architetto dopo aver affermato che la Coop è una cooperativa di consumo legata al territorio ed è di carattere prevalentemente sociale.

Un amministrazione comunale in difficoltà cerca di avere dal territorio i migliori contributi..” “..non possiamo ignorare questa cosa ,che può essere un opportunità per noi e i soldi vanno alla collettività” facendo riferimento alla grave crisi finanziaria che in quel tempo attanagliava la società di trasporto.

Dunque è chiaro, non si nasconde, l’area delle officine Guglielmetti fu comprata dalla Coop a un valore squilibrato rispetto al reale valore di mercato, per non avere un concorrente. La tesi proposta è quella che i sodi della cooperativa spesi per l’acquisizione sarebbero rimasti sul territorio  e sarebbero serviti per salvare l’azienda di trasporto dall’ imminente tracollo finanziario, quindi a suo modo anche una operazione etica. Queste considerazioni, da un certo punto di vista possono avere anche la loro logica, ma di fatto i problemi finanziari dell’azienda sono stati solo posticipati aggravando la logistica aziendale con la perdita dell’unica officina di riparazione che aveva a disposizione per i mezzi pubblici (gli altri siti sono solo depositi, oggi utilizzati in modo raffazzonato per tentare qualche riparazione, nulla a che vedere con l’officina venduta). I cittadini pagheranno il prezzo di queste scelte, il territorio dovrà subire una operazione immobiliare improntata soprattutto allo sfruttamento delle aree per compensare, almeno in parte, il costo alle quali sono state comprate. La competizione commerciale dovrebbe essere basata su chi offre un prodotto migliore al minor prezzo e non differentemente annichilendo la possibilità di un concorrente. Alla fine chi pagherà il conto di questi comportamenti? La risposta è stata ben argomentata da Mario Frau: sono i  consumatori.

Durante quell’incontro l’ingegner Lino ha argomentato le necessità del gruppo Coop di chiedere una variante urbanistica per l’area Guglielmetti al fine di riconvertire la destinazione delle aree anche da uso ricettivo alberghiero, che attualmente non è previsto.

La richiesta di variante in tal senso non può prescindere da un innalzamento dei volumi per la costruzione dell’albergo, questa era la tesi dell’ingegnere, in particolare per i volumi che si dovrebbero collocare in posizione prospiciente alla Chiesa di San Michele, a Ponte Carrega e al suo storico Borgo (la posizione più impattane dal punto di vista della tutela del paesaggio).

AlbergoRenderSpondaDestra

(non abbiamo trovato nel progetto il render del nuovo edificio come sarebbe visto dalla sponda destra, in particolare dalla scuola Mazzini Lucarno (elementari, medie, nido e materna)allora lo abbiamo fatto noi, ci siano perdonati gli eventuali errori, ma secondo noi il render mancante è come questo. Se non abbiamo sbagliato è così che i nostri bambini osserveranno il paesaggio dalle finestre della loro scuola, durante il giorno non avranno più come riferimento la Chiesa di S. Michele, ma un albergo a tre stelle, e un centro fitness… grazie alla Coop un nuovo modello di vita?) p.s. invitiamo i proponenti a farlo loro il render da qui…

L’innalzamento di quei volumi, in quel punto, stando all’attuale piano urbanistico non sarebbe previsto, ma in assenza di vincoli paesaggistici basterà chiedere una variante che agli amici è sempre concessa con facilità.

Non essendo esperti in questa materia non abbiamo potuto far altro che appellarci alla competenza dei proponenti, auspicando in un ripensamento del progetto, una inversione culturale su come pensare la città e su come pensare l’urbanistica, mettendosi dalla parte del territorio e del cittadino e non imponendo un progetto dall’alto. Alcune nostre osservazioni, va detto chiaramente, nell’ultima revisione del progetto, sono state recepite, ma secondo noi questo non può bastare. Va tracciato un solco tra passato e futuro. Il rinnovamento, cari signori, passa da qui e non da un risultato elettorale. Ponte Carrega sarà il banco di prova del nuovo corso: una opportunità per il quartiere, per la città. Una opportunità per i nostri amministratori, sia municipali che comunali per cavalcare l’onda del rinnovamento. Infine potrebbe essere una opportunità per Coop, per ridisegnare un nuovo rapporto col territorio, nel rispetto degli abitanti del quartiere e del paesaggio della Val Bisagno: sarebbe inconcepibile, contraddittorio e forse dannoso per la stessa Coop altrimenti continuare a  vedere il proprio logo su sponsorizzazioni per manifestazioni culturali e ambientali della Val Bisagno e allo stesso tempo essere tra i protagonisti che non hanno contribuito a fermare lo scempio del paesaggio della Val Bisagno, pur potendolo fare.

Abbiamo avuto occasione di interpellare professionisti e accademici dell’università (architettura), docenti e ricercatori, con i quali abbiamo svolto anche attività di ricerca sul territorio. Nonostante le migliorie ottenute e da noi proposte (eliminazione della ruzzola, abbassamento della torre alberghiera e presenza di una sala in cui insediare il teatro dell’Ortica) il progetto prevede ancora, oltre all’innalzamento dei volumi, anche grandi parcheggi in copertura: secondo noi si tratta di un utilizzo assai poco pregevole per un luogo così interessante e affacciato verso le colline del parco delle mura e dell’acquedotto storico. Per fare un paragone è come se un inquilino comprasse un attico per farci una cantinaL’architettura sostenibile contemporanea tende a privilegiare l’uso delle coperture piane per cercare centri di attrazione pedonali, per esempio attrezzandole con aree verdi, campi da tennis, da calcetto e magari piscine legati a centri di benessere (in questo caso già previsto all’interno). Eliminare le auto dalla copertura per spostarle all’interno dell’edificio consentirebbe di superare il problema urbanistico e sociale di una piazza stretta  tra i parcheggi e più fruibile anche dalla gente del posto. Avrebbe la valenza di liberare ulteriori spazi liberi per attività e servizi e per la socialità. Sarebbe quindi concepibile un ripensamento della copertura attraverso la lettura delle esperienze della Hight Line di Manhattan o altri importanti esempi europei e italiani, in cui le coperture verdi, ad esempio, sono vantaggiose anche dal punto di vista del risparmio energetico sia d’inverno che in estate, necessitano di minima manutenzione e consentono un risparmio a lungo termine in termini di rifacimento della copertura. E’ solo un esempio di come potrebbero essere ripensati alcuni spazi urbani con una mentalità innovativa e lontana dalle concezioni di fruizione commerciale di tipo classico, ormai in declino e appartenenti alla metà del secolo scorso.

Operazioni come quella della Ex Guglielmetti o del Bricoman sono possibili grazie al fatto che mancano effettivi strumenti di  partecipazione dei cittadini. Secondo noi non c’è nulla di innovativo in queste proposte che appartengono al passato: è un tentativo di assecondare solo le esigenze di un mercato a breve termine e senza una progettualità che tenga in considerazione gli spazi urbani intorno al centro commerciale. E’ come aver piazzato un astronave nel cuore di un quartiere, senza aver pensato al quartiere, alle sue strade, alle sue persone. E’ come se si fosse dimenticata la storia del quartiere, come se non avesse un’anima, come se fosse, per i proponenti, già morto. Lo dimostra il fatto che la piazza che verrà realizzata come onere urbanistico sulla copertura si trovi in mezzo al centro commerciale, lontano dalle case e dai percorsi pedonali utilizzati da tutti noi, lontano dal cuore pulsante del quartiere. Una piazza che sarà fruibile dagli utenti del centro commerciale e che sarà raggiungibile comodamente in automobile ma che svuoterà ulteriormente i nostri veri spazi urbani che invece andrebbero riqualificati (Piazza Adriatico) o costruiti del tutto perchè inesistenti (Via Terpi). Qualcuno potrebbe dire che questa operazione è privata e che quindi il costruttore può fare quello che vuole, ma non è così: il titolo edilizio, e a maggior ragione il cambio di destinazione d’uso, è una concessione e non è un diritto acquisito , in particolare trattandosi di variante al Puc. Interventi di riqualificazione urbana di tale entità impattano sulla collettività e sul destino di migliaia di cittadini, per questo è necessario un percorso condiviso sulla qualità del progetto, non tanto sul merito quanto sul metodo.

In quell’occasione un nostro anziano socio disse: “Non è che vogliamo dire a voi come dobbiate fare. Noi vogliamo dire che è apprezzabilissimo la vostra capacità di progettare queste cose e anche a dar spazio a gradevolezze, ma noi partiamo da un altro presupposto: questi erano dei posti destinati a servizio e industria, però quando queste cose poi si esauriscono non è mica detto che bisogna sempre restare inchiodati a delle servitù, può essere il momento che ci si libera di queste cose perché non sono più necessarie. Queste aree erano pubbliche e noi rivendichiamo, come cittadini, una maggiore attenzione a questi luoghi, per fare delle cose più compatibili con i bisogni attuali della comunità, che abbiano più attenzione con le tematiche del paesaggio e dell’ecologia e della vivibilità anche in senso di estetica”.

In risposta a tali osservazioni è stato detto dai proponenti che la loro proposta rinunciava già a un mucchio di metri quadrati di superficie agibile, facendo intendere in questo un comportamento etico e di  responsabilità, come se altri proponenti non fossero in grado di fare altrettanto.

Secondo noi non è necessario aumentare i volumi in quelle proporzioni e in quelle posizioni, anche con la nuova destinazione d’uso richiesta.  Le soluzioni proposte sembrano voler privilegiare una immediata vendibilità sul mercato, piuttosto che una razionale fruizione degli spazi e questo a scapito del paesaggio e dalla qualità della vita pubblica dei cittadini, che sono beni comuni non rinnovabili.

Secondo noi la riqualificazione dell’area, con il progetto presentato dalla Coop anche nella sua ultima revisione, rischia di accentuare il carattere del mal costruito con il territorio circostante, un processo iniziato circa un secolo fa e che si auspicava in controtendenza. Non vogliamo negare il diritto ai proponenti di sviluppare i loro progetti di sviluppo, ma rivendichiamo anche noi, come bene comune e superiore, il diritto di vivere in una città più vivibile e sostenibile anche in senso estetico e di fruizione ovvero di qualità urbana.

Se verrà concessa la variante in questi termini, allora perché è stato negata la variante al gruppo Carrefour per le aree di Fegino? In quel caso il gruppo aveva scelto un architettura accattivante e poco impattante per il paesaggio con un grande parco urbano intorno. Se il progetto fosse stato approvato avrebbe cambiato la sorte di quel quartiere che ancora oggi avversa in una situazione di degrado. Quella scelta negò ai proponenti un investimento di 200 milioni di euro sul territorio e un ritorno di 500 nuovi posti di lavoro.

Fegino

Progetto Centro Commerciale del gruppo Carrefour di Fegino, che prevedeva intorno all’area un grande parco urbano e un architettura poco impattante sul territorio. http://www.enricocaprioglio.com/urbi_10/urbi10.html#  il progetto fu respinto dalle amministrazioni comunali come indicato nel libro di Mario Frau.

Ecco quindi la scelta che suggeriamo ai proponenti, ai consiglieri e alla giunta comunale.

Rivedere il progetto con un ribaltamento radicale degli spazi, eventualmente aprendo un percorso di partecipazione reale e collaborativo con i cittadini, perché c’è ancora margine per cambiare rotta.

Infine, per non parlare di cose evanescenti, ecco concretamente l’idea di progetto che abbiamo realizzato con i nostri consulenti per l’area dell’ ex-officine Guglielmetti. Stessa destinazione d’uso richiesta dai proponenti con un albergo di circa 150 camere, stesso numero di posti auto, stesse superfici agibili di tipo commerciale…ma immaginati senza consistente innalzamento dei volumi, senza parcheggi in copertura e con i criteri di architettura sostenibile, quella auspicata dall’agenda 21 per la Val Bisagno!GuglielmettiGallarati

Il render del progetto ex-officine Guglielmetti, concepito con l’architettura sostenibile, è stato realizzato dallo Studio Gallarati Architetti dopo aver accettato un incontro con la ns. associazione e aver messo gratuitamente a disposizione la sua capacità tecnica a favore del Bene Comune. Il progetto pur conservando la stessa destinazione d’uso richiesta dai proponenti titolari dell’area, è stato concepito in modo da non compromettere irrimediabilmente il paesaggio rimasto in questo luogo e per diventare un volano per l’economia sostenibile al centro della Valle nel senso auspicato dall’agenda 21. Forse è tempo di cambiare…

«Una sinistra che pensi di più a bambini e giardini, e un po’ meno alle coop di costruttori».

Matteo Renzi (quando nel 2013 ha fatto tappa a Genova col suo camper)

 

Modifiche al progetto Coop-Talea per area ex-officine Guglielmetti

Recentemente sono state consegnate in Comune le modifiche al progetto Coop – Talea per le aree ex-officine Guglielmetti. Il progetto fu presentato l’autunno scorso con la riserva di operare alcune modifiche migliorative.

Di seguito pubblichiamo alcuni render della proposta progettuale revisionata e la foto dell’area allo stato attuale.

Crediamo di far cosa gradita a chi fosse interessato indicare il link dove poter scaricare la versione informatica del progetto depositato in Comune. >  link <

Albergo

Albergo2

 

ProspettoTalea

Edificio