La nostra associazione, da sempre interessata ai temi economico-ambientale ha partecipato al seminario “Filiera del bosco, manutenzione del territorio per la prevenzione del rischio  idrogeologico” tenutosi nella Sala della Giunta Nuova a Palazzo Tursi.

A partire dai primi mesi del 2015 saranno disponibili 314 milioni di euro facenti capo al PSR (Piano di Sviluppo Regionale) 2014-2020. Tra le priorità di questo piano incontriamo l’innovazione; la competitività in agricoltura e nella gestione delle foreste; le filiere agro alimentari; la salvaguardia degli ecosistemi. Nel nuovo psr troviamo tre nuove misure su cui l’Europa e la Liguria vogliono concentrarsi: l’avvio di nuove imprese, la costituzione delle associazioni di produttori e la cooperazione. La cooperazione consente di sostenere l’associazione di filiere, la costituzione di reti, poli e gruppi operativi del PEI (Partenariato Europeo per l’Innovazione) per l’avviamento di progetti pilota, lo sviluppo di nuovi prodotti, la creazione di filiere corte e la messa a punto di strategie locali di sviluppo.

La Liguria propone all’Europa (il psr deve essere approvato dalla Commissione) due tipi di pacchetti: un pacchetto Start Up a sostegno di nuove imprese o di nuove attività all’interno di imprese già esistenti; il sostegno alle competenze e alla formazione; gli investimenti in strutture; il sostegno alla nascita di nuove associazioni di produttori e alla cooperazione di filiere; misure volte a rimettere in moto il mercato fondiario. Il secondo possibile pacchetto riguarda la prevenzione del rischio idrogeologico e prevede il sostegno a nuove imprese o a nuove attività all’interno di imprese già esistenti, la definizione di accordi territoriali di cooperazione tra Comuni, altri enti locali e le imprese agricolo-forestali per la vigilanza e il ripristino; il sostegno all’acquisto di competenze e di formazione; il sostegno agli investimenti.

Il Progetto Sylva Med

Si è poi parlato del progetto Sylva Med di Regione Liguria attraverso le parole della dott.ssa Laura Muraglia, un progetto che coinvolge altri paesi dell’area mediterranea per i servizi e la gestione del bosco . Sono stati fatti esempi di gestione del bosco: utilizzo delle risorse non legnose del bosco (es. tesserina dei funghi); utilizzo sociale della foresta (passeggiata, outdoor e parchi avventura); uso del bosco per migliorare le risorse idriche (sostituzione di essenze con altre volte a migliorare la qualità delle risorse idriche); la gestione del bosco in aree a forte rischio idrogeologico (l’esempio del caso pilota ligure nelle aree delle Case Grilla a Ceranesi, del Rio Freghea a Mignanego e del Rio Riasso a Campomorone) nelle quali le risorse del bosco vengono utilizzate per la progettazione di piccoli impianti a biomasse e volte alla sostituzione progressiva del bosco ceduo. Il progetto è partito con l’obiettivo di creare una domanda e un aumento di domanda attraverso la creazione di un impianto a biomasse all’interno di una scuola. Si è dimostrato un risparmio del 50% rispetto alla centrale a gasolio della stessa scuola. Si sono voluti sottolineare i punti problematici di questo progetto: il grande numero di proprietari di terreni boschivi e la frammentazione fondiaria e il conseguente tempo passato per cercare di contattare e mettere d’accordo tutti i proprietari. Dopo un anno di lavoro preliminare si è riusciti a creare il Pro Consorzio Forestale del Genovesato, capace di gestire le aree, ottenere i cofinaziamenti europei e sperimentare gli schemi di pagamento per i servizi ecosistemici. In definitiva questo progetto coinvolge 22 proprietari, imprese e i 3 comuni (Campomorone, Ceranesi e Mignanego) con l’obiettivo di rendere il bosco una risorsa gestibile e multifunzionale.

I rischi delle centrali a biomasse.

L’intervento di Federico Valerio di Italia Nostra ha voluto portare l’attenzione sull’impatto delle piccole stazioni alimentate a biomasse. sottolineando alcuni aspetti importanti. Una centrale a biomasse è molto meno efficace rispetto a una stazione tradizionale a metano ed è preferibile solo in zone boschive non alimentate a gas e in cui esiste una filiera del bosco che possa rendere autosufficiente il ricorso alle biomasse del bosco: infatti, non avrebbe senso avere una stazione a biomasse che si alimentasse con materiale arrivato da lontano perchè così si creerebbe anche lo svantaggio di dover pagare e bruciare biomasse di atri paesi rendendo non più efficiente e sostenibile questo tipo di produzione di energia. Una stufa a gas infatti produce 0,2 giga joule di PM10 contro i 29 giga joule di una stufa a pellet e i 95 di una stufa tradizionale. Questi calcoli valgono sia per impianti con fattori medi di emissioni minori di 50 MWe che maggiori di 50 MWe. Una centrale da biomasse che produce 1 MWe ha bisogno di 10mila tonnellate di biomasse e pertanto per giustificare l’investimento di una centrale molto costosa è necessario avere la disponibilità di una enorme quantità di legno e biomassa senza dover successivamente rivolgersi ai mercati esteri per l’approvvigionamento. Pertanto, conclude Valerio, l’utilizzo migliore che si ricava dal bosco è quello della cippatura e del compostaggio.

L’agricoltura in aree periurbane

Riccardo Favero di Regione Liguria ha portato all’attenzione molti esempi di agricoltura periurbana e di filiera corta (come da lui ricordato con una felice espressione a KM meno 1) a Genova. Nel 1990 erano stati censiti oltre 1000 capi di bestiame bovino all’interno del comune di Genova. Chiaramente ora sono molto inferiori ma ricordare il censimento del 1990 può essere importante per dimostrare una importante vocazione di imprese agricole periurbane anche nel genovesato: oggi si assiste a fenomeni di ripresa di questo tipo di attività e alla nascita di nuove imprese e consorzi. Tra agriturismi, frantoi, caseifici, apicoltori, produttori agricoli e allevatori si contano oggi circa 1000 imprese agricole. Secondo i dati della Regione le attività sono piccole ma in crescita per merito di una domanda oggi in forte crescita.

Le biomasse cogenerative

L’ultimo intervento è stato di Sonia Sandrei di Enel Green Power che ha parlato della possibilità di implemento delle piccole centrali a biomasse che Enel vuole portare avanti tra il 2014 e il 2015. Si tratta di impianti da 200 o 300 KWe alimentati da filiera corta e dagli avanzi della produzione agricola locale (nel caso della Liguria oltre al legno, le vinacce e la sansa, scarto della produzione dell’industria del vino e dell’olio di oliva). Un impianto da 200 KWe occupa circa 300mq e circa 1000mq per l’area di stoccaggio delle biomasse. Si prospetta quindi un accordo tra mondo dell’agricoltura e quello della produzione di energie per l’utilizzo degli scarti di lavorazione finalizzato alla produzione di energia elettrica e riscaldamento attraverso accordi commerciali o joint venture. Si calcola (fonti Politecnico Milano-Rapporto efficienza energetica del dicembre 2013 e studi OIR 2013-2020) che i benefici netti dello sviluppo delle biomasse sarà di circa 3 miliardi di euro tra il 2013 e il 2020 e consentirà un aumento della manodopera diretta e indiretta per la gestione dei boschi e per la filiera bosco-legno-centrale che dovrà essere fortemente aiutato dall’Unione Europea.