Articolo de Il Secolo XIX del 10 ottobre 2015

Articolo de Il Secolo XIX del 10 ottobre 2015

Leggiamo le dichiarazioni del presidente dei costruttori: siamo molto stupiti del tanto spazio riservato su Il Secolo XIX per dichiarazioni tanto fantasiose e mistificatrici della realtà.
Il presidente dei costruttori dice che si deve continuare a costruire in collina, anche alle Cinque Terre (cit. “Bisogna eliminare i blocchi vigenti alle Cinque Terre”), perché c’è “uno studio dell’Università di Firenze che dimostra che le zone più fragili da un punto di vista del dissesto idrogeologico sono quelle abbandonate dall’uomo”.

Bella scoperta: a parte il fatto che lo studio citato dell’Università di Firenze è uno studio sul paesaggio agrario che tratta di interventi di ingegneria naturalistica che dice quindi tutt’altro rispetto a quanto sostenuto dall’Ance (http://landscapeunifi.it/it/ ), c’è davvero una bella differenza nel trasformare aree abbandonate che dovrebbero essere recuperate in ambito agricolo o forestale, in zone urbanizzate. E’ ormai risaputo che la cementificazione e il consumo di suolo, divorando risorse non rinnovabili, sono i maggiori responsabili del dissesto idrogeologico (basti leggere le Comunicazioni della UE, come COM(2006)231:http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=URISERV:l28181&from=IT).

La proposta del Presidente dei costruttori è una posizione irrazionale e fuori dalla realtà: è una visione distorta che mira a proteggere solo il suo bel “mondo antico” oramai irreversibilmente in crisi. La nostra economia ligure e genovese si basa su alcuni dati certi: abbiamo perso più di 200 mila abitanti in venti anni (e ne perderemo altrettanti e di più nei prossimi venti anni), attestandoci quindi in un ambito di città medio-piccola, come Bologna per intenderci. Allo stesso tempo però abbiamo case per più di un milione di persone e al momento abbiamo circa 50 mila case vuote, che non fanno altro che contribuire ad abbassare il mercato immobiliare genovese (che regge fin troppo bene al momento, ma chissà ancora per quanto, senza possibilità di grandi balzi in avanti). Quindi, forti di questi dati, una proposta come quella del capo dei costruttori appare ancora di più come una proposta irresponsabile e esclusivamente corporativistica, una proposta che guarda al loro tornaconto personale (ma che imploderà su loro stessi prima o poi) ed è basata su idee vecchie e sorpassate di sviluppo, di cui l’immobilismo di questa società impreditoriale dovrebbe rendersi conto prima di sparire completamente lasciando per strada migliaia di lavoratori dopo aver compromesso ulteriormente il nostro territorio.  Prima di veder peggiorare il rischio idrogeologico dovuto al consumo di suolo, prima di vedere l’esplosione di una ben più grave bolla immobiliare sul mercato ligure, prima di rendersi conto che non ci saranno più acquirenti per le nuove case(e nemmeno per le vecchie), c’è solo una cosa che andrebbe pensata e realizzata: demolire e a far sparire dalle memoria urbana intere parti di città costruite a partire dagli anni sessanta (ma anche prima), aumentando la vivibilità e la sostenibilità economica dei nostri quartieri e diminuendo il carico di case vuote presenti in città. In questo contesto  anche il contributo e le opportunità per il comparto edile potranno essere importanti.

Questa si che sarebbe una proposta nuova.

A tal proposito alleghiamo un reportage de L’Espresso del 16 ottobre 2015 sul consumo di suolo, assolutamente da leggere: http://ispra.telpress.it/news/2015/10/16/2015101600933930248.PDF