(di Mirko Narice) 

Nel Luglio del 2011, con la conclusiva assemblea tenutasi nella scuola Merello di Corso Galileo Galilei si è concluso il processo di partecipazione pubblico sulla tranvia in Val Bisagno.Il dibattito, organizzato dal Comune di Genova e uffici tecnici competenti, era iniziato nel mese di Marzo 2011 ed ha visto protagoniste nei numerosi incontri che si sono succeduti, sia nella sede del municipio Bassa Val Bisagno in Piazza Manzoni, sia in altri luoghi dislocati sul territorio (Società Mutuo Soccorso SMS di Via delle Gavette, Giovani Amici uniti GAU di Prato), diverse associazioni tra le quali Metrogenova, ItaliaNostra, Legambiente, vari enti pubblici, WWF, l’Università di Genova con la facoltà di Ingegneria e di Architettura.

La tematica è certamente di fondamentale importanza per tutta la valle interessata, soprattutto per quanto concerne tutta la sponda destra, quindi dal capolinea attuale di Pian Martello fino alla Stazione Brignole e probabilmente oltre, ma anche, specialmente nel tratto compreso tra la zona di Marassi e di Piazzale Parenzo, la sponda sinistra.

La sciagurata, dissennata scelta di abolire completamente il servizio tranviario genovese, con l’ultima corsa della littorina 935 il 27 Dicembre 1966 tra Viale Brigate Bisagno e Prato, a 73 anni da quel fatidico 14 Maggio 1893 allorchè il primo tramway percorse il tragitto Piazza Manin-Corvetto, costituisce uno degli esempi più lampanti, evidenti di una pessima amministrazione, che in quel periodo, analogamente a molte altre città, soprattutto italiane, mise al centro dei propri interessi non il bene collettivo, dei cittadini, bensì quelli di soddisfare qualche politico appartenente alle lobby della gomma, con tutto quello che ne consegue in termini di congestionamento, incidentalità, inquinamento acustico, atmosferico e tanto altro, come si può ogni giorno “ammirare” nei nostri centri urbani, e di cui ne stiamo pagando pesantemente le conseguenze.

L’ultimo viaggio dei tram genovesi, con il conseguente rientro nel deposito di Prato alle ore 4 e 25 di quel giorno, rappresenta di per sè un dato difficilmente dimenticabile per l’unicità dell’evento, e ci porta insieme ad altri scempi perpetuati sulla valle, anche grazie a numerose testimonianze di persone che hanno vissuto quegli anni, a un giudizio molto severo, estremamente critico su come si è amministrato in passato e purtroppo tutt’ora il territorio in esame; la val Bisagno, è sempre stata messa in secondo piano rispetto alle vere questioni da affrontare, oggetto da sempre di speculazioni edilizie, di cementificazioni, servitù ingombranti, insediamenti commerciali invadenti e quant’altro, senza mai chiedere il parere a chi veramente abita, vive la delegazione.

Così è accaduto ad esempio per l’area ex ItalCementi della quale ci stiamo occupando da qualche mese come associazione Amici di Ponte Carrega; ci auguriamo, ne siamo assolutamente convint,i che debba essere risarcita e che meriti molto molto altro, di più in termini di vivibilità ambientale, a cominciare da un servizio di trasporto pubblico efficiente, ad alta sostenibilità, ecologico, di livello europeo e non purtroppo da “quarto mondo” come lo si evince quotidianamente.

Il quadro demografico, le caratteristiche dei veicoli e le aspettative della Val Bisagno

La Val Bisagno ha una popolazione residente che si aggira di poco più oltre le 135000 unità, considerando le due municipalità nella quale si raggruppa:

III – Genova Bassa Val Bisagno
S. Fruttuoso, Marassi. 77.511
IV – Genova Media Val Bisagno
Staglieno, Molassana, Struppa 58.055
(fonte Annuario statistico comunale 2011)

Questi valori aumentano di molto se si analizzano nello specifico i territori affioranti nelle immediate vicinanze, quindi interessanti le zone a ridosso della media Val Bisagno, cioè la Val Trebbia, la Valle Scrivia e il basso Piemonte.

Ogni giorno quindi il potenziale di utenti che si spostano, facendo una analisi generale e non tenendo in questo caso conto delle fasce di età della popolazione, comunque di età media abbastanza alta, sia con mezzi pubblici, considerando anche le corriere dell’Azienda Trasporti Provinciali ATP, che privati, potrebbe tranquillamente attestarsi intorno alle 140000 unità. Questo dato importante ci fa riflettere, ci consente quindi di poter affermare che, allo stato attuale, questa richiesta di mobilità non è sicuramente soddisfatta, soprattutto durante le fasce di punta del mattino e le ore del tardo pomeriggio.

Lo si nota quotidianamente, tutti i giorni ci si lamenta, della scarsa per non dire nulla qualità del servizio, della sporcizia, dei mezzi rotti, guasti, rumorosi, dei ritardi, spesso imbottigliati nel traffico in coda aspettando magari che una automobile messa in doppia fila si sposti e non intralci il regolare deflusso veicolare.

Si tratta di una domanda di mobilità che ha piena ragione di esistere, e che deve quindi ottenere un risposta, come del resto sottolinea anche il Piano urbano della Mobilità del Comune di Genova (PUM) del 2010 e i vari modelli matematici che lo dimostrano, i quali analizzano il contesto genovese partendo proprio dalla Val Bisagno, essendo l’unica direttrice cittadina sprovvista della ferrovia se si eccettua la ferrovia a scartamento ridotto Genova Casella di proprietà AMT la quale però rimane un po’ decentrata rispetto ai principali flussi di traffico, per poi espandersi lungo tutte le principali direttrici cittadine.

Tenuto conto dei potenziali utenti, e delle ricadute positive che il mezzo di trasporto potrebbe avere sul tessuto commerciale, immobiliare, di vivibilità dell’intero ambito territoriale, l’unico sistema di trasporto in grado di soddisfare tale domanda di mobilità rimane dunque il vettore tranviario; un prolungamento dell’attuale linea metropolitana, di caratteristiche comunque leggere quale è quella genovese, simili a una metrotranvia ma con segnalamento, e marcia non a vista, costituirebbe un esborso economico difficilmente sostenibile per via dei pesanti scavi, i costi esorbitanti delle opere civili, le opere invasive nel territorio e la difficoltà di inserimento in contesti urbani difficilmente modificabili in quanto progettati intorno a fine ’800, primi del ‘900 per poter essere serviti dal mezzo di trasporto per eccellenza, cioè il tram, il quale inaugurò la linea per Prato nel 1897.

Ovviamente si tratterrebbe di tram moderni, al passo con i tempi, tenuto conto che la tecnologia in questo campo ha raggiunto livelli altissimi, basti pensare alla quasi totale assenza del rumore dovuto al contatto tra ruota e rotaia, grazie al rivestimento dei binari con pellicole di gomma, presente per esempio a Nizza, che limita di moltissimo le vibrazioni, azzerandole quasi e diminuisce gli stridi in curva..

La presenza di un veicolo tranviario moderno, lungo anche oltre 40 m in alcune realtà europee, Dresda, Budapest solo per citare alcuni casi, confortevole silenzioso, comodo, che in poco tempo è in grado di portarci nel luogo di destinazione, aumenta l’attrattività del sistema di trasporto pubblico in generale, dell’arredo urbano, del sistema città contribuendo in sostanza ad una migliore qualità della vita.

Concludendo quindi, ci si augura che nonostante la situazione certamente non florida di AMT e in generale del paese, gli investimenti nel campo del trasporto pubblico locale, in particolar modo su rotaia non diminuiscano, anzi vengano incrementati, a cominciare dai fondi per il ritorno del tram in Val Bisagno come primo passo per la costruzione famoso “effetto rete”: la costruzione di una rete tranviara rappresenta quanto di più tecnologicamente sostenibile esiste per un agglomerato urbano, a maggior ragione per una città che si vuol definire ” Smart city”.

Appuntamento al prossimo articolo, dove si analizzerà più nello specifico il tracciato del tram, le due sponde, di pari passo con la sicurezza idrogeologica.